Vita in Abbondanza

martedì 17 marzo 2020

PREGHIERA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS


La preghiera del profeta Daniele in tempi angosciosi


Il capitolo 9 di Daniele contiene una delle più grandi preghiere di tutta la Bibbia. Nei momenti determinanti della sua esistenza, Daniele si affida alla preghiera per riuscire a gestire le sfide che lo attendono.
Il profeta sostiene di aver capito, meditando sui libri, la profezia che sta studiando con tanta accuratezza.
Si capisce bene che la conclusione cui giunge Daniele nasce da uno studio profondo delle precedenti rivelazioni di Dio a Mosè e ad altri profeti. Avendo appreso dal rotolo di Geremia che il suo periodo di schiavitù sarebbe durato settant'anni (Gr 25:11-12; 29:10), Daniele comprende l'importanza del momento storico in cui sta vivendo. Ricordiamoci che questa preghiera cade nel 539 a.C., anno della caduta di Babilonia per mano dei Medo-Persiani. Sono passati dunque quasi settant'anni da quando Nabucodonosor ha conquistato Gerusalemme e distrutto il tempio. Perciò, secondo la profezia di Geremia, il popolo di Dio, esiliato in Babilonia, tornerà presto nella sua terra natale. Avendo fiducia nella parola del Signore, Daniele sa che sta per accadere qualcosa di memorabile al suo popolo e che, come Dio ha promesso, l'esilio a Babilonia sta per finire.
In base allo studio delle Scritture di cui poteva disporre, Daniele capisce anche la gravità dei peccati commessi dal suo popolo. Per avere infranto il patto hanno interrotto la relazione con Dio; la conseguenza inevitabile è stata l'esilio (Le 26:14-45).

Ecco che Daniele pregava allora in questo modo: “Com’è scritto nella legge di Mosè, tutta questa calamità ci è venuta addosso; tuttavia non abbiamo implorato l’Eterno, il nostro Dio, per convertirci dalle nostre iniquità e prestare attenzione alla tua verità. Signore ascolta! Signore perdona! Signore, guarda e agisci senza indugio per amore di te stesso, o mio Dio, perché il tuo nome è invocato sulla tua città e sul tuo popolo”. Daniele 9:13,19
È grazie allo studio della rivelazione di Dio che Daniele acquisisce consa­pevolezza dei tempi, e ciò gli conferisce un senso di urgenza nell'implorare Dio a beneficio del suo popolo.

Questa preghiera è uno spunto più che mai attuale per i tempi in cui stiamo vivendo. In queste settimane l’OMS ha dichiarato la pandemia riguardo questo nuovo virus, il CORONAVIRUS, micidiale, che sta mietendo tante vittime. C’è paura, sgomento, si cerca di correre ai ripari, si spera che il prossimo ad esserne colpito magari non sia qualcuno della nostra famiglia, ma questa non è l’unica volta che un virus, una peste, una malattia infettiva ha minacciato la vita umana.

Quello che invece è importante capire, è la necessità di andare oltre a tutto questo, per renderci conto che dietro a un intensificarsi di queste pestilenze, c’è l’adempimento dei segni dei tempi che precedono il nostro ritorno a casa, così come era al tempo del profeta Daniele, questi segni dei tempi precedono il 2° avvento di Gesù sulla Terra per la nostra completa redenzione, la fine del male e il nostro ingresso nella Gerusalemme celeste. Proprio come Daniele in vista del ritorno a casa del suo popolo comprendeva la necessità del pentimento, del ravvedimento, così oggi noi, in vista del ritorno di Gesù, abbiamo bisogno di comprendere l'importanza della trasformazione del nostro carattere in conformità ai principi di Dio e del suo regno, e abbiamo bisogno di riconoscere i nostri peccati, pentirci e abbandonarli completamente.

Mentre ci avviciniamo al tema degli ultimi giorni della storia di questo pianeta, è più che mai indispensabile studiare e vivere in coerenza con la parola di Dio, la sola che può garantirci una spiegazione autorevole del mondo in cui viviamo. Dopo tutto, essa narra il racconto del gran conflitto tra il bene e il male, fino a rivelare che la storia umana si concluderà con l'annientamento del peccato e con l'affermazione del regno eterno di Dio. Più studiamo la Bibbia, meglio comprenderemo la situazione contemporanea della terra e il nostro ruolo oggi, come anche le motivazioni per sperare, nonostante l'evidenza di una realtà che non pare offrire alcuna speranza.

In Luca 21: 10,11,26-28 Gesù disse:

“Insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno grandi terremoti, e in vari luoghi pestilenze e carestie; vi saranno fenomeni spaventosi e grandi segni dal cielo. Gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina”.

Questo testo si può far scorrere parallelo alla preghiera di Daniele. Dio ha sempre avvisato gli uomini degli imminenti giudizi. Coloro che hanno avuto fede nel Suo messaggio per il loro tempo e hanno agito secondo la loro fede, ubbidendo ai Suoi comandamenti (se volete conoscere i comandamenti di Dio leggete Esodo 20, la Bibbia dice che il peccato è la trasgressione della legge e che a causa della trasgressione oggi viviamo in un mondo pieno di sofferenza, calamità, malattie, carestie, che minacciano continuamente la nostra vita), sono scampati ai giudizi riservati ai disubbidenti e agli increduli.

Daniele conosceva bene il motivo della calamità che si era abbattuta sul popolo. Le sofferenze di oggi sono dovute all’ostinazione dell’uomo a voler vivere senza Dio, a seguire delle leggi contrarie al governo divino, al voler essere dio di sé stessi, al voler essere indipendenti da Dio quando invece dovremmo stargli attaccati e non poter vivere senza di Lui, perché in effetti, la vita vissuta senza di Lui non è vita e noi non riusciamo ad avere più il controllo delle cose.
Daniele cita quindi più volte, rincarando la dose, il motivo delle calamità, o ai nostri giorni, delle malattie, delle pestilenze: «e non abbiamo ascoltato la voce del Signore, del nostro Dio, per camminare secondo le sue leggi che egli ci aveva date mediante i profeti, suoi servi» (9:10).

Una volta compreso che il male che ci viene addosso è conseguenza della trasgressione della legge di Dio, siamo invitati come uomini a pentirci, a tornare a Dio, un Dio misericordioso che vuole salvarci, redimerci e portarci in braccio in quest’ultima fase della storia terrena. 

Un appunto sulla legge santa di Dio che oggi non viene rispettata. 

I comandamenti di Dio sono 10, i primi 4 evidenziano il rapporto che l’uomo ha con Dio, gli atri 6 evidenziano il rapporto che l’uomo ha con il suo prossimo. In relazione al momento difficile che stiamo vivendo a causa del coronavirus analizziamo due di questi comandamenti:      

  1.  Il secondo comandamento dice di non farsi immagini né idoli e di non prostrarsi davanti a loro né di adorarli (Esodo 20:4-6), perché c’è un solo e unico Dio in cielo, e un solo mediatore che è Gesù Cristo. Vi faccio una domanda: a chi state rivolgendo le vostre preghiere in questo momento di crisi? Quale santo state invocando perché vi salvi da questa pestilenza? Il male che esiste oggi nel mondo è causa della trasgressione della legge di Dio. E Dio dice: quando griderai, venga a salvarti la folla dei tuoi idoli. Il vento li spazzerà via tutti, un soffio li porterà via. Ma chi si rifugia in me possederà il paese ed erediterà il mio santo monte (Isaia 57:13). È peccato farsi degli idoli e pregarli per essere liberati. Ma Dio è sempre pronto a perdonare, e non vede l’ora di accoglierti fra le sue braccia, lui lo ha promesso dicendo: Su, venite e discutiamo - dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. (Isaia 1:18). 
  2.  Il quarto comandamento dice di osservare il sabato come giorno di riposo (Esodo 20:8-11). Il sabato è stato un segno che ha distinto il vero popolo di Dio nel corso di tutta la storia, a partire da Adamo ed Eva per continuare all’epoca d’Israele. Si è perpetuato anche al tempo della chiesa del Nuovo Testamento con l’esempio di Gesù e degli apostoli e come impronta distintiva del popolo di Dio negli ultimi tempi il quale osserva i comandamenti e la legge di Dio (Apocalisse 14:12). Il sabato si trova nel cuore dei dieci comandamenti; fu dato dal Creatore come segno o sigillo della sua autorità. Ecco che osservarlo significa riconoscere l’autorità di Dio, riconoscerlo come nostro Creatore e datore di tutte le cose che abbiamo e riconoscere la nostra incapacità di salvarci da soli. Apocalisse 14:9, 10 riferendosi ai tempi che precedono di poco la venuta di Gesù mette in guardia il mondo intero di evitare di prendere il “marchio della bestia” per evitare le ultime 7 piaghe di Dio e non bere il calice della sua ira. Il versetto 12 dice: “Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù”. Tra questi comandamenti è compreso il sabato, che indica Dio quale Creatore e unico a essere degno di adorazione. Non c’è quindi da meravigliarsi se è opinione diffusa che la questione relativa al marchio della bestia sia direttamente collegata all’adorazione della domenica, un «sabato» contraffatto che la Bibbia non ordina di osservare e che si contrappone al quarto comandamento.
Tutto ciò significa che i credenti cristiani che adorano Dio in giorno di domenica hanno già oggi il marchio della bestia? No. Ma dal momento in cui ci sarà una legge universale che imporrà per qualsiasi motivo di osservare obbligatoriamente il giorno di domenica, chi accetterà andando contro la legge di Dio, a quel punto riceverà il marchio della bestia. Cosa fare allora se fino ad ora non avendo saputo la verità è stato osservato un giorno falso di riposo? Ancora una volta l’invito è di pentirsi e tornare a Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1 Timoteo 2:3,4) e che nessuno perisca ma che tutti giungano a ravvedimento (2 Pietro 3:9)

Una volta fatto questo appunto è importante sottolineare che il peccato riguarda tutti noi che in un modo o nell’altro siamo trasgressori della legge di Dio, non lo mettiamo al primo posto, non ci rivolgiamo a Lui per essere salvati, non curiamo una relazione quotidiana con Lui attraverso lo studio della Bibbia e la preghiera. Tutti noi in questo momento di sconforto, di epidemia che può colpirci da un momento all'altro, siamo chiamati a rivolgerci a Dio, a temerlo, a cercare il suo volto, ad affidarci a Lui, a capire il perchè di questo male e a riuscire ad andare oltre il pericolo stesso, puntando gli occhi sul prossimo ritorno di Cristo e la vita eterna promessa a coloro che lo accettano e lo seguono. Ecco che allora tornando alla preghiera di Daniele ai versetti 18-19 leggiamo:  

O mio Dio, inclina il tuo orecchio e ascolta! Apri gli occhi e guarda le nostre desolazioni, guarda la città sulla quale è invocato il tuo nome; poiché non ti supplichiamo fondandoci sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia. Signore, ascolta! Signore, perdona! Signore, guarda e agisci senza indugio per amore di te stesso, o mio Dio, perché il tuo nome è invocato sulla tua città e sul tuo popolo.

Ci troviamo quindi in presenza di un appello alla grazia di Dio, alla sua disponibilità a perdonare il suo popolo nonostante i peccati e le malvagità commesse, un potente riflesso del vangelo: peccatori che non hanno alcun merito proprio e che, nondimeno, ricercano quella grazia e quel perdono che non si sono guadagnati. Non è forse l'esempio che riflette la posizione di ciascuno di noi davanti a Dio? L’apostolo Giovanni infatti scrive: Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. (1 Giovanni 1:8).

Traendo le conclusioni:

  • Per Dio il male, la ribellione, l’ingiustizia, l’idolatria, la trasgressione della sua legge, sono cose importanti di fronte al quale Egli deve prendere posizione. Che questa posizione si esprima direttamente punendo in prima persona, o ritirando la sua protezione di fronte ai nemici dei suoi figli infedeli, o se semplicemente lascia che si manifestino le conseguenze del nostro stesso male è discutibile dato che possiamo pensarla tutti diversamente, ma una cosa dobbiamo evitare: sottovalutare il male e la disapprovazione divina, così come le conseguenze inevitabili che ne conseguono.
  • Quando Daniele si appella a Dio invitandolo a guardare al dolore della città nella quale il Suo nome è invocato, al suo stesso buon nome, lo fa perché sa che il cuore di Dio, anche quando punisce, è colmo di pena per la sofferenza dei suoi figli, e che il suo “nome”, cioè la sua essenza, la sua natura, sono fondamentalmente costituiti dalla misericordia, dal perdono, dall’amore e dalla salvezza. Infatti, Dio cerca sempre, con ogni mezzo possibile, di operare per la nostra salvezza, per portarci a ravvedimento, anche attraverso la sofferenza. E noi abbiamo la stessa fiducia di quest’uomo di Dio quale fu Daniele, che di fronte alla calamità, alle minacce di morte, alla sofferenza – o se vogliamo attualizzarlo a noi – alla pestilenza, alla malattia, si umiliò davanti a Dio riconoscendo i propri peccati e quelli del popolo, chiedendo perdono e avendo fiducia nell’intervento divino che salva. Chiediamo quindi a Dio cosa possiamo imparare da questa sofferenza che improvvisamente si è abbattuta su di noi. Egli promette:

Infatti io so i pensieri che medito per voi", dice il SIGNORE: "pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza. Voi m'invocherete, verrete a pregarmi e io vi esaudirò. Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; io mi lascerò trovare da voi", dice il SIGNORE. "Vi farò tornare dalla vostra prigionia; vi raccoglierò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho cacciati", dice il SIGNORE; "vi ricondurrò nel luogo da cui vi ho fatti deportare". (Geremia 29:11-14)


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