Vita in Abbondanza

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mercoledì 27 febbraio 2019

La coppia: il fine della creazione - come essere felici insieme.


“Così Dio li creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. Genesi 1:27

Il matrimonio è il fine della creazione, tutto ciò che è stato creato prima esiste per la coppia, l’uomo e la donna sono il coronamento della creazione e solo l’esistenza della “coppia” è capace di produrre la piena soddisfazione del Creatore (Allora Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Genesi 1:31).

La coppia viene esaltata da Dio come la condizione naturale dell’essere umano veramente “felice e completo”. Nella “coppia” l’essere umano sente di essere veramente al completo e vive il senso di appartenenza (Questa finalmente è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Genesi 1:23).

“Poi l’Eterno Dio disse: non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto conveniente a lui”. Genesi 1:18

Quando arriva Eva arriva l’aiuto convenevole, non la “lavastoviglie” ma secondo l’originale scopo di Dio la reciprocità, l’interlocutrice, l’amore che dà senso alla vita e alle cose. I due diventano non due soci né due amici ma una necessaria ed unica realtà, una sola carne, una sola persona.

Purtroppo con il peccato è subentrata la “durezza di cuore” e con essa la confusione, le incomprensioni, il dominio, l’insoddisfazione, l’incapacità di essere “una cosa sola” ma Dio ha stabilito dei principi perché nonostante il peccato oggi la coppia possa vivere felice e possa provare un amore reciproco che viene solo dall’alto, che viene solo da Dio, per cui è necessario se si vuole “amare” come Dio ama, sottomettersi a Lui ogni giorno, donargli il nostro cuore ogni giorno e chiedergli di allontanare da noi ogni pensiero e azione sbagliata nei confronti del partner e riprodurre in noi la sua immagine per amare chi ci sta vicino così come Lui stesso ama.

Alcuni fattori chiave per un matrimonio felice

·         Stabilite la vostra casa privata. Uscite dalla casa dei rispettivi genitori e imparate ad essere voi “famiglia”.

“Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne”. Genesi 2:24

·         Tenete Cristo al centro del vostro rapporto e pregate insieme.

“Se l’Eterno non custodisce la città, invano vegliano le guardie” (Salmo 127:1). “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione; poiché lo Spirito è pronto ma la carne è debole” (Matteo 26:41)

L’ingrediente principale della felicità della coppia è l’unione con Cristo. I cuori pieni di amore per Cristo non stanno lontano a lungo perché saranno continuamente attratti l’uno verso l’altro. Inginocchiarvi davanti a Dio e pregare insieme chiedendo a Lui di darvi il “vero amore” l’uno per l’altro vi farà avere successo ogni oltre aspettativa. Dio vi risponderà per certo. 

·         Continuate a corteggiarvi. 

“Suo marito ne fa l’elogio” (Proverbi 31:28). “La sposa… si preoccupa di come possa piacere al marito” (1 Corinzi 7:4). “Amatevi teneramente gli uni gli altri…” (Romani 12:10).

I matrimoni di successo non capitano per caso, vanno coltivati. Non date mai per scontato l’amore reciproco. Fate crescere l’amore esprimendovelo, l’amore e la felicità si trovano quando vengono dispensati per l’altro. Passate più tempo possibile facendo qualcosa insieme, viaggiate, visitate amici, coltivate obiettivi e hobby comuni. Non trascurate mai le piccole attenzioni e i gesti d’affetto. Sorprendetevi con doni e favori. Ricordate che la mancanza d’amore espressa come appena citato è ciò che più di altre cose distrugge la relazione di coppia. 

·         Parlate liberamente l’uno con l’altra.

“Non è bene che l’uomo sia solo, io voglio fargli un aiuto che gli corrisponda” (Genesi 2:18). 

Poche cose rafforzano la relazione di coppia come la comunicazione e la condivisione e il raccontarsi l’uno all’altro. Imparate a corrispondervi reciprocamente, prendete insieme le decisioni, imparate a rendere conto all’altro, fatelo partecipe della vostra vita, fate di lui dopo Dio il punto di riferimento più importante.

·         Custodite i vostri pensieri.

“Come pensa nel suo cuore così egli è” (Proverbi 23:7). “Non desidererai la moglie del tuo prossimo” (Esodo 20:17). “Tutte le cose che sono veraci, oneste, giuste, amabili, pensate a queste cose” (Filippesi 4:8). “L’amore è paziente, è benigno, non invidia, non si mette in mostra” (1 Corinzi 13:4).

Il diavolo vi tenterà con pensieri del tipo: “La nostra relazione è sbagliata”; “Non mi capisce”; “Possiamo sempre chiudere se necessario”. I pensieri sono quelli che alla fine governano le azioni, se entrambi date il vostro cuore e la vostra mente a Cristo, Egli ne prenderà il controllo e voi penserete e agirete bene nei confronti del partner e ogni giorno rinnoverete il vostro impegno e il vostro amore. Inoltre evitate di criticare, brontolare e concentratevi sulle cose positive. Evitate di dire battute che offendano il vostro coniuge, di comportarvi in modo indecoroso e onorate la coppia anche quando non state insieme, non riservate a terze persone le attenzioni che sono esclusive della coppia, evitate di creare con terze persone situazioni ambigue e difendetevi a vicenda con forza. Elogiatevi, incoraggiatevi, fate il tifo uno per l’altro e ricordate che solo Dio può cambiare in meglio le persone. Cercate di fare del vostro compagno e della vostra compagna una persona felice, il segreto del matrimonio non sta nell’avere il compagno giusto ma nell’essere il compagno giusto. 

·         Non andate mai a dormire arrabbiati l’uno con l’altra.

Il sole non tramonti sopra la vostra ira” (Efesini 4:26).

Le ferite e le delusioni possono esserci ma Dio ci invita ad essere maturi abbastanza da perdonare e saper dire “mi dispiace”. Nessuno è perfetto e imparare a fare la pace è un’esperienza molto piacevole che rafforza ancora di più il rapporto. 

In conclusione, scegliete ogni giorno di amare, corteggiare, sorprendervi e donarvi alla persona che Dio vi ha messo accanto e ricordate che una coppia di credenti felici è un potente argomento in favore della validità della religione cristiana. Agendo nel modo giusto secondo i principi di Dio, proietterete la vostra luce su coloro che ne sono privi.


domenica 10 febbraio 2019

Dai alla luce te stesso: abbi stima di te!


Oggi si parla molto di autostima. Essa può definirsi come l’amore sano verso se stessi. Significa essere coscienti delle proprie virtù e capacità ma anche delle proprie debolezze e dei propri difetti, e riguardo a questi ultimi accettarli, mettersi in gioco migliorandosi e continuare comunque ad apprezzarsi. 

L’autostima è la convinzione del fatto che tu hai un valore, che hai diritto ad avere una dignità già solo per il fatto che esisti, se hai una sana autostima darai dignità anche a chi ti sta vicino. Nell’ambito della psicologia o di percorsi motivazionali l’autostima è basata sulla tua forza interiore, su ciò che viene da dentro te stesso. Anche la bibbia parla di autostima ma la base per averla non è ciò che viene da dentro ma ciò che viene dal tuo Creatore.

Concentriamoci sul nostro essere “vivi”. Se ci fermiamo a considerare la nostra vita, il fatto che ogni mattina riapriamo gli occhi e un nuovo giorno ci aspetta, ci rendiamo conto che il potere che abbiamo su di essa è limitato, alcune cose le diamo per scontate ma in realtà non lo sono.

Se sei vivo ancora oggi ci sono solo due possibilità: o sei frutto della creazione o sei frutto del’evoluzione. Se sei frutto dell’evoluzione allora le tue origini sono frutto di un caso, di un incidente cosmico. Se questo è vero allora nemmeno la tua esistenza ha senso, tutto è un caso nella tua vita, le vittorie come i fallimenti, sei in mano al nulla. 
Dall’altro lato, se la tua vita è il frutto dell’amore di Dio, il quale ti ha voluto, ti ha creato e ha permesso che tu esistessi, allora tutto acquista un senso diverso.

In genesi 1:26 leggiamo:

E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Durante la settimana della creazione Dio creò gli animali e la vegetazione con il potere della Sua parola, però quando arrivò il momento di creare l’uomo, Dio si sporcò le mani formando il corpo umano, si compromise fino in fondo per te e per me. Ci creò a sua immagine e somiglianza, come esseri intelligenti, capaci di pensare, razionali e con il libero arbitrio. 

Noi valiamo molto, per questo quando ci siamo sviati per seguire altre vie, scegliendo la morte, Dio non si è rassegnato e per amore ha pagato per noi il prezzo attraverso Gesù. Gesù ha lasciato il suo posto meraviglioso, la sua gloria, l’essere amato, apprezzato, riconosciuto, onorato per farsi nostro servo, per essere da noi disprezzato, rigettato, non stimato, umiliato, maltrattato, giudicato ingiustamente e per ultimo ucciso (per una lettura completa leggete Isaia 53). Provate a fare questo per qualcuno che non riconosce il vostro valore, provate a fare del bene a chi vi fa del male, provate a sacrificarvi per chi vi disprezza, offende, ridicolizza, per chi è indifferente nei vostri confronti. È praticamente impossibile per l’essere umano. Eppure Gesù ha fatto questo per noi quando non ce lo meritavamo affatto. Se non è questo amore! Se non è questo darci valore! 

Noi valiamo il Suo tempo, noi valiamo la Sua vita. Quanto è bello essere consapevoli di questo! Chi non desidera valere il tempo e la vita di una persona amata? Ti fa sentire bene, ti fa sentire importante, è la cosa più bella che si possa sperimentare. 

Eppure, non dobbiamo far valere la nostra autostima da altri esseri umani sottoposti alle nostre stesse tentazioni, che portano il peso delle loro ferite, dei loro fallimenti, delle loro scelte. Solo se contempliamo l’amore di Cristo e tendiamo alla trasformazione a sua immagine, riusciremo allora ad amare chi ci sta vicino allo stesso modo, a contraccambiarci allo stesso modo e allora si che sperimenteremo relazioni più sane ed equilibrate:

L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene. Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente. (Romani 12:9,10)

Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso. (Filippesi 2:3)

Come vedi te stesso? L’essere umano è osservato da tre prospettive diverse:


  • ·         Quello che gli altri pensano che tu sia

  • ·         Quello che tu pensi di essere

  • ·         Ciò che Dio crede che tu sia e che vali

Solo Dio ha la visione corretta del tuo valore e solo Dio può darti la visione corretta anche del valore di chi ti sta vicino. Una corretta autostima dipenderà da quando ti avvicini alla visione divina del tuo valore, non dalla competizione con i modelli che la società propone (siano essi di bellezza, razza, intelligenza, lusso, fama, ecc.).

A volte abbiamo una stima eccessiva di noi stessi che ci porta a disprezzare gli altri, a guardarli dall’alto in basso, che ci fa tendere verso l’egoismo e l’egocentrismo. In Romani 12:3 leggiamo:

“Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato”.

Altre volte pensiamo di non valere nulla e questo ci porta a vivere con un complesso di inferiorità, in una sottomissione malsana, facendoci umiliare, maltrattare e subire ogni ingiustizia. 

Il nostro valore non dipende da ciò che pensano gli altri, i quali un giorno pensano bene, l’altro criticano ciò che fai. Il nostro valore dipende dal vivere alla gloria di Dio e secondo i suoi principi, solo allora avremo il giusto equilibrio e sapremo di stare facendo la cosa giusta.

Anche se nella vita le cose non sempre vanno come vorremmo, anche se a volte portiamo il peso dei nostri fallimenti, anche se a volte tendiamo a competere con chi riteniamo migliore, anche se altre volte siamo invece noi a ritenerci migliori di altri, ricordiamoci che in Dio tutto può essere riequilibrato. In Romani 12:2 leggiamo:

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà”.

Dio si riferisce qui ad un cambiamento interiore, un cambiamento della nostra mente, del nostro modo di pensare che di conseguenza cambierà il nostro modo di agire. Una persona trasformata non vivrà secondo i “padroni” o le “regole” di condotta che la società propone, ma farà dipendere il suo valore da ciò che la parola di Dio insegna.

“Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo … “ (Isaia 43:4).

venerdì 1 febbraio 2019

Il rimedio divino contro il senso di colpa: il perdono!


Oggi parliamo del senso di colpa dal punto di vista biblico. Esso è un sentimento spiacevole che deriva dalla convinzione di aver danneggiato qualcuno. Se elaborato in modo costruttivo porterà ad intraprendere azioni riparatrici e a rafforzare i rapporti compromessi. 

Il senso di colpa può essere però anche estremamente distruttivo per la vita emotiva. Per capire meglio abbiamo bisogno di tornare indietro al “Giardino dell’Eden”, quando Adamo ed Eva decisero di prendere il controllo della loro vita distaccandosi da Dio e non fidandosi di Lui. Da quel momento caddero in modo strepitoso. Il primo sentimento negativo che sorse fu la paura. Il senso di colpa è associato alla paura. Il senso di colpa è la paura per aver fatto qualcosa che sappiamo ha danneggiato noi, Dio e gli altri. 

Cosa fecero Adamo ed Eva quando si resero conto di aver sbagliato? Si nascosero dietro gli alberi, in qualche modo fuggirono dalla realtà anziché affrontarla. Non volevano essere visti in quello stato di vergogna. Vi rendete conto di quanto sia pregiudizievole il senso di colpa? Per primo ti allontana dalla luce, dopo ti porta nelle tenebre e ti fa vivere in penombra, nascosto dietro gli “alberi”. 

La penombra è un misto di luce e buio, non è completamente luce e non è completamente buio; non c’è chiarezza nella vita di una persona che porta il peso del senso di colpa. La persona che vive in questo stato da un lato preferisce fuggire e dall’altro inizia ad accusare l’altro. La migliore auto difesa è il meccanismo di proiezione: accusi l’altro perché nessuno si renda conto del tuo limite, del tuo problema, del tuo sbaglio; in senso biblico, del tuo peccato.

Per liberarsi del senso di colpa esiste solo una via d’uscita: il perdono.
E per ricevere il perdono l’unica via è il pentimento, riconoscere semplicemente di aver sbagliato. Dio è molto più pronto a perdonare di quanto non lo siamo noi a riconoscere i nostri errori. 

Quando si ha paura di affrontare la realtà e riconoscere il proprio errore si ricorre spesso a soluzioni ingannevoli quali il rifugio nell’alcol, vizio, cibo, distrazioni di vario genere, il troppo lavoro, l'indifferenza, l'isolamento, pur di evitare di riconoscere lo sbaglio e rimediare. Purtroppo però le suddette soluzioni sono soltanto una via di fuga momentanea che sfociano nell’insoddisfazione e nella disperazione. 

Nella Bibbia troviamo la storia di Giuseppe e i suoi fratelli. Giuseppe venne venduto da loro come schiavo agli egiziani per invidia (Genesi 37). Dopo essersene liberati per nascondere la grave infamia presero la veste della quale lo avevano spogliato e ucciso un capro la immersero nel suo sangue. Fecero così intendere al padre che era stato sbranato da una bestia.

Per tutta la vita vissero nel senso di colpa, per non ammettere lo sbaglio commesso e dire la verità si nascosero dietro le loro bugie, le quali aggravarono il loro peso. Ogni volta poi che le cose andavano male nella loro quotidianità, il senso di colpa saltava fuori perché pensavano che quella era la conseguenza del loro peccato.

Il peccato è così. Possono passare gli anni ma quando rimane inconfessato, continua a bussare alla tua porta facendoti sentire in colpa per quello che hai fatto e facendoti pensare che è Dio che ti sta castigando e che non meriti di essere felice.
Fortunatamente i fratelli di Giuseppe si incontrarono con lui molti anni dopo quando a causa di una grave carestia furono costretti a recarsi in Egitto per fare provviste di viveri, dove Giuseppe era diventato nel frattempo il governatore del paese (per la storia completa leggete Genesi dal capitolo 42-45).

Quando Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli loro reagirono con sgomento, furono grandemente turbati, impauriti. 

“Quindi Giuseppe disse ai suoi fratelli: io sono Giuseppe, mio padre è ancora in vita? Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere perché erano sgomenti alla sua presenza”. (Genesi 45:3)

Gli sbagli commessi ci portano ad avere paura delle conseguenze ma quando confessiamo i nostri torti e li riconosciamo, il perdono ci libera dal senso di colpa e ci ridona la pace. Giuseppe aveva perdonato i suoi fratelli e questo li liberò dal senso di colpa. Dio è sempre pronto a perdonarci ed accoglierci se solo ci fidiamo di riconoscere davanti a Lui le nostre debolezze, i nostri fallimenti, i nostri sbagli e gli chiediamo di aiutarci a rimediare, di rialzarci e ricominciare da quel preciso istante. 

“Molti sono i dolori dell’empio, ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità”. (Salmo 32:10)

Quali sono i dolori dell’empio? Sono i pesi che si porta addosso. Ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità. Dio vuole perdonarci e ridarci la pace. Non c’è sbaglio così grande al quale Lui non possa rimediare per il nostro bene. A noi spetta andare a Lui con fiducia, riconoscere senza cercare giustificazioni che abbiamo sbagliato e chiedergli di mettere in noi il desiderio di relazionarci con Lui quotidianamente per essere trasformati a sua immagine e non ricommettere quell’errore, anzi abbandonarlo.
Dio è desideroso di ricostruire i nostri sogni, i nostri progetti, Egli vuole donarci la serenità e la gioia. 

“Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
 Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere”. (Salmo 102:9-14)

Il senso di colpa è utile solo in un primo momento, quando ci aiuta a riconoscere che abbiamo sbagliato e che quell’errore ovviamente fa del male a noi stessi, a Dio e agli altri che lo hanno subito. Da quel momento le azioni da compiere sono: riconoscere umilmente l’errore, chiedere perdono, impegnarsi a rimediare e chiedere a Dio di cambiare la nostra natura affinché abbandoniamo quell’atteggiamento, quel pensiero, quel modo di agire e reagire che abbiamo riconosciuto come sbagliati.

Ci sono invece tre modi sbagliati di affrontare il senso di colpa:
  • ·         Reprimerlo. Quindi non ammettere l’errore. Questo toglierà in noi la pace fino a farci stare male anche fisicamente.
  • ·         Dire semplicemente “mi dispiace”, “scusami”, “perdonami”. Questo non significa riconoscere la serietà dello sbaglio commesso e pentirsi veramente. Ci pentiamo veramente quando come detto sopra rimediamo e cambiamo atteggiamento.
  • ·         Si possono avere dei rimorsi ma questo non significa pentirsi. Il rimorso è pericoloso perché se alimentato può portare a gravi conseguenze, anche al suicidio. Il pentimento vero invece ti porta a riconoscere e ripartire con la pace nel cuore.
Quando confessiamo uno sbaglio per Dio è già perdonato. Quello di cui abbiamo bisogno è semplicemente mantenere una relazione quotidiana con il Padre. Più sarà profonda la nostra relazione con Dio, migliori saranno le nostre relazioni interpersonali con i familiari, il coniuge, gli amici, e persino i nemici.

Essere un cristiano è svegliarti ogni giorno e ritagliarti del tempo per relazionarti con Cristo, imparare da Lui, portare a Lui i tuoi pesi, le tue paure, i tuoi vuoti, i tuoi sensi di colpa, i tuoi limiti, i tuoi affanni, la tua malattia (fisica), le tue infermità (emotive) e trovare in Lui riposo, cibarti della sua parola e vedere il frutto manifesto nella tua vita e nelle tue relazioni interpersonali. 

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero”. (Matteo 11:28-30).

lunedì 18 giugno 2018

Il rimedio divino contro lo stress


Cari lettori eccoci al quarto studio sulla bibbia e le emozioni umane. Oggi parleremo del piano divino per lo stress, la fatica, l’esaurimento nervoso.

Lo stress è un stato di tensione nervosa causato dall’eccesso di lavoro, dalle aspettative che a volte non vengono soddisfatte, dalle difficoltà, dalle afflizioni della vita. Lo stress si manifesta generalmente attraverso una serie di reazioni che vanno dalla fatica prolungata e l’esaurimento nervoso fino al mal di testa, gastrite, ulcera e in alcuni casi anche disturbi psicologici.
In una società come la nostra è chiaro che non possiamo esseri completamente liberi dai fattori che causano stress ma possiamo imparare ad alleviare questa emozione negativa, a gestirla in qualche modo.

Uno dei personaggi biblici che è stato vittima di stress è Elia. Un uomo di Dio che a un certo punto è stato influenzato negativamente dalle lotte e dai problemi costanti che la vita presenta.
Elia era stato chiamato da Dio in un momento molto difficile in cui l’idolatria si era diffusa in tutto Israele. Il re Acab si era sposato con una donna pagana di nome Iezabel, il cui obiettivo era quello di corrompere il popolo affinché non adorasse il vero Dio. In tutto il popolo d’Israele era stato istituito tutto un sistema completo di adorazione a Baal ed Elia aveva il compito difficile di portare a ravvedimento il popolo di Dio. La storia completa la possiamo leggere in 1 Re 16,17,18. 

Elia cominciò il suo mandato annunciando una terribile siccità su Israele e questo era già un affronto che includeva un grande pericolo perché anche se Acab era il re, a governare era sua moglie. Nessuno poteva affrontare questa donna senza subirne le conseguenze, per cui questa notizia da parte di Elia era un fattore distruttivo per lui. Fu costretto a fuggire. Dio ordinò ad Elia di nascondersi presso il torrente Cherit e lì il Signore lo sfamò attraverso i corvi che gli portavano pane al mattino e carne alla sera. Elia non fu mai abbandonato dal Signore ma nonostante questo la sofferenza era presente nella sua vita. Immaginate come si poteva sentire nel vivere come fuggiasco e nell’essere costretto a nascondersi.

Quando finì anche l’acqua del torrente a causa della siccità Dio lo condusse a Sarepta dove una vedova gli diede cibo in modo miracoloso con una manciata di farina e un po’ d’olio che per mano di Dio non finivano mai. Vi rendete conto di come Dio aveva cura del suo servo?
Dopo un po’ di tempo avvenne anche che il figlio della vedova morì ed Elia fu usato come strumento di Dio per resuscitarlo. E ancora Elia affrontò da solo i quattrocentocinquanta profeti di Baal sul monte Carmelo; la sfida era vedere chi era il vero Dio che mediante il fuoco avrebbe consumato l’olocausto. I profeti di Baal invocarono inutilmente Baal ma Dio diede ad Elia la vittoria facendo scendere dal cielo un fuoco che consumò l’altare che aveva costruito con sopra l’olocausto, nonostante fosse inzuppato di acqua. 

La vita del profeta non era solo una successione di vittorie, anche se godeva continuamente delle benedizioni di Dio, egli affrontava comunque la sofferenza, il dolore e l’afflizione. Subito dopo la morte dei profeti di Baal, Elia fu nuovamente costretto a fuggire e se ne andò verso Oreb perché Iezebel voleva ucciderlo. Leggiamo quanto riportato in 1 Re 19:4:

“Egli invece si inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a sedersi sotto una ginestra e chiese di poter morire, dicendo: - Ora basta, o Eterno! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. 

Io non so se vi siete mai soffermati a pensare, mi chiedo che turbinio di sentimenti stava provando Elia per arrivare a desiderare di morire. Desiderare la morte è l’estremo di una situazione di stress. La persona sente che non ha più forze per andare avanti, che non vale più la pena continuare a lottare ed Elia era un uomo di Dio. Cosa voglio dire con questo? Non disperare, non ti sentire un peccatore finito solo perché nella vita qualche volta sei arrivato a pensare che non vale più la pena lottare. È bellissimo leggere ciò che dice Giacomo del profeta Elia. Nel libro di Giacomo 5:17,18 leggiamo:

“Elia era un uomo sottoposto alle stesse nostre passioni, eppure pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo, e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto”.

Elia era un uomo simile a noi nelle nostre stesse passioni, eppure Dio lo usò in modo straordinario come Suo strumento. Questo significa che se anche cadiamo come esseri umani, questo non significa che non valiamo più nulla o che siamo a quel punto messi da parte per sempre. Quando attraversiamo questi momenti è necessario che Dio si prenda cura di noi e curi le nostre ferite.
Nel caso di Elia leggiamo ciò che Dio fece per lui in 1 Re 19:5-8:

“Poi si coricò e si addormentò sotto la ginestra; ma ecco un angelo lo toccò e gli disse: - Alzati e mangia. Egli guardò e vide vicino al suo capo una focaccia cotta su delle pietre calde e una brocca d’acqua. Egli mangiò e bevve, poi tornò a coricarsi. L’angelo dell’Eterno tornò una seconda volta, lo toccò e disse: - Alzati e mangia, poiché il cammino è troppo lungo per te. Egli si alzò, mangiò e bevve, poi, con la forza datagli da quel cibo, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Horeb”.

Dio diede dei rimedi ad Elia: riposo, cibo e intenso esercizio fisico (Elia camminò per quaranta giorni e quaranta notti). Un trattamento comune per lo stress si chiama “piano di attività”. Consiste nel pianificare un orario ben preciso con attività di svago e obbiettivi da raggiungere (partire sempre da piccoli obbiettivi: quotidiani, settimanali, poi mensili e cosi via). Questo tipo di organizzazione aiuta la persona vittima di stress ad evitare di vittimizzarsi e reagire per riempire il suo tempo in modo positivo. L’esercizio fisico è un altro modo di alleviare lo stress (una passeggiata, un giro in bici, un’ora di palestra).  

Vediamo adesso qual è il modo per prevenire lo stress secondo Gesù. Leggiamo ciò che è scritto nel vangelo di Marco 6:31:

“Ed Egli disse loro: - Venitevene in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po’. Poiché era tanta la gente che andava e veniva, che essi non avevano neppure il tempo di mangiare”.

Che situazione difficile! Quante volte vi capita di non avere tempo nemmeno per mangiare e se a volte si arriva al punto di non avere tempo per mangiare, non si avrà tempo nemmeno per la famiglia, per il fidanzato, per la fidanzata, per il riposo, per gli amici, e ancora più improbabile sarà aver tempo per Dio, per la preghiera, per lo studio della Bibbia. Il risultato sarà la separazione dalla fonte del potere e della salute che è Gesù Cristo. 

Gesù visse una vita quotidianamente piena di impegni ma tutti i giorni trovava il tempo per ritirarsi in preghiera e comunione con Dio e questa era la sua forza per gestire tutte le sofferenze e i problemi di ogni giorno. In atti 10:38 leggiamo:

“Come Dio abbia unto di Spirito Santo e di potenza Gesù di Nazaret, il quale andò attorno facendo del bene e guarendo tutti coloro che erano oppressi dal diavolo, perché Dio era con lui”.

Anche il servizio verso gli altri è un buon metodo per renderci conto che non siamo solo noi ad avere problemi, quando ci apriamo al prossimo scopriamo che la sofferenza è dappertutto e nel prenderci cura dell’altro ci dimentichiamo dei nostri problemi. È una medicina il servizio, è un fattore curativo aiutare gli altri. L’egoismo invece è un assassino crudele, pensi sempre di non avere abbastanza e più vuoi avere più cadi nella depressione. Quando invece impariamo ad essere grati per quello che abbiamo, quando decidiamo di mettere nelle mani di Dio le nostre preoccupazioni per trovare soluzioni ai nostri problemi, quando ricordiamo come Dio ci ha benedetti fino a qui, troviamo la motivazione per andare avanti e l’incoraggiamento che Dio agirà anche questa volta in un modo o in un altro. Concluso con il Salmo 34:7:

“L’angelo dell’Eterno si accampa attorno a quelli che lo temono e li libera”

20. BEATI SIETE VOI QUANDO VI INSULTANO E VI PERSEGUITANO PERCHE' CREDENDO FATE LA VOLONTA' DI DIO

Cari lettori, siamo giunti al commento dell'ultima beatitudine che possiamo leggere nel Vangelo di Matteo 5:10-12: "Beati i persegu...