Vita in Abbondanza

domenica 10 febbraio 2019

Dai alla luce te stesso: abbi stima di te!


Oggi si parla molto di autostima. Essa può definirsi come l’amore sano verso se stessi. Significa essere coscienti delle proprie virtù e capacità ma anche delle proprie debolezze e dei propri difetti, e riguardo a questi ultimi accettarli, mettersi in gioco migliorandosi e continuare comunque ad apprezzarsi. 

L’autostima è la convinzione del fatto che tu hai un valore, che hai diritto ad avere una dignità già solo per il fatto che esisti, se hai una sana autostima darai dignità anche a chi ti sta vicino. Nell’ambito della psicologia o di percorsi motivazionali l’autostima è basata sulla tua forza interiore, su ciò che viene da dentro te stesso. Anche la bibbia parla di autostima ma la base per averla non è ciò che viene da dentro ma ciò che viene dal tuo Creatore.

Concentriamoci sul nostro essere “vivi”. Se ci fermiamo a considerare la nostra vita, il fatto che ogni mattina riapriamo gli occhi e un nuovo giorno ci aspetta, ci rendiamo conto che il potere che abbiamo su di essa è limitato, alcune cose le diamo per scontate ma in realtà non lo sono.

Se sei vivo ancora oggi ci sono solo due possibilità: o sei frutto della creazione o sei frutto del’evoluzione. Se sei frutto dell’evoluzione allora le tue origini sono frutto di un caso, di un incidente cosmico. Se questo è vero allora nemmeno la tua esistenza ha senso, tutto è un caso nella tua vita, le vittorie come i fallimenti, sei in mano al nulla. 
Dall’altro lato, se la tua vita è il frutto dell’amore di Dio, il quale ti ha voluto, ti ha creato e ha permesso che tu esistessi, allora tutto acquista un senso diverso.

In genesi 1:26 leggiamo:

E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Durante la settimana della creazione Dio creò gli animali e la vegetazione con il potere della Sua parola, però quando arrivò il momento di creare l’uomo, Dio si sporcò le mani formando il corpo umano, si compromise fino in fondo per te e per me. Ci creò a sua immagine e somiglianza, come esseri intelligenti, capaci di pensare, razionali e con il libero arbitrio. 

Noi valiamo molto, per questo quando ci siamo sviati per seguire altre vie, scegliendo la morte, Dio non si è rassegnato e per amore ha pagato per noi il prezzo attraverso Gesù. Gesù ha lasciato il suo posto meraviglioso, la sua gloria, l’essere amato, apprezzato, riconosciuto, onorato per farsi nostro servo, per essere da noi disprezzato, rigettato, non stimato, umiliato, maltrattato, giudicato ingiustamente e per ultimo ucciso (per una lettura completa leggete Isaia 53). Provate a fare questo per qualcuno che non riconosce il vostro valore, provate a fare del bene a chi vi fa del male, provate a sacrificarvi per chi vi disprezza, offende, ridicolizza, per chi è indifferente nei vostri confronti. È praticamente impossibile per l’essere umano. Eppure Gesù ha fatto questo per noi quando non ce lo meritavamo affatto. Se non è questo amore! Se non è questo darci valore! 

Noi valiamo il Suo tempo, noi valiamo la Sua vita. Quanto è bello essere consapevoli di questo! Chi non desidera valere il tempo e la vita di una persona amata? Ti fa sentire bene, ti fa sentire importante, è la cosa più bella che si possa sperimentare. 

Eppure, non dobbiamo far valere la nostra autostima da altri esseri umani sottoposti alle nostre stesse tentazioni, che portano il peso delle loro ferite, dei loro fallimenti, delle loro scelte. Solo se contempliamo l’amore di Cristo e tendiamo alla trasformazione a sua immagine, riusciremo allora ad amare chi ci sta vicino allo stesso modo, a contraccambiarci allo stesso modo e allora si che sperimenteremo relazioni più sane ed equilibrate:

L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene. Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente. (Romani 12:9,10)

Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso. (Filippesi 2:3)

Come vedi te stesso? L’essere umano è osservato da tre prospettive diverse:


  • ·         Quello che gli altri pensano che tu sia

  • ·         Quello che tu pensi di essere

  • ·         Ciò che Dio crede che tu sia e che vali

Solo Dio ha la visione corretta del tuo valore e solo Dio può darti la visione corretta anche del valore di chi ti sta vicino. Una corretta autostima dipenderà da quando ti avvicini alla visione divina del tuo valore, non dalla competizione con i modelli che la società propone (siano essi di bellezza, razza, intelligenza, lusso, fama, ecc.).

A volte abbiamo una stima eccessiva di noi stessi che ci porta a disprezzare gli altri, a guardarli dall’alto in basso, che ci fa tendere verso l’egoismo e l’egocentrismo. In Romani 12:3 leggiamo:

“Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato”.

Altre volte pensiamo di non valere nulla e questo ci porta a vivere con un complesso di inferiorità, in una sottomissione malsana, facendoci umiliare, maltrattare e subire ogni ingiustizia. 

Il nostro valore non dipende da ciò che pensano gli altri, i quali un giorno pensano bene, l’altro criticano ciò che fai. Il nostro valore dipende dal vivere alla gloria di Dio e secondo i suoi principi, solo allora avremo il giusto equilibrio e sapremo di stare facendo la cosa giusta.

Anche se nella vita le cose non sempre vanno come vorremmo, anche se a volte portiamo il peso dei nostri fallimenti, anche se a volte tendiamo a competere con chi riteniamo migliore, anche se altre volte siamo invece noi a ritenerci migliori di altri, ricordiamoci che in Dio tutto può essere riequilibrato. In Romani 12:2 leggiamo:

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà”.

Dio si riferisce qui ad un cambiamento interiore, un cambiamento della nostra mente, del nostro modo di pensare che di conseguenza cambierà il nostro modo di agire. Una persona trasformata non vivrà secondo i “padroni” o le “regole” di condotta che la società propone, ma farà dipendere il suo valore da ciò che la parola di Dio insegna.

“Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo … “ (Isaia 43:4).

domenica 3 febbraio 2019

La nuova nascita - una nuova possibilità!


Geremia 6:10

“A chi parlerò, chi prenderò come testimone perché mi ascolti? Ecco, il loro orecchio è incirconciso, essi sono incapaci di prestare attenzione; ecco, la parola del SIGNORE è diventata per loro oggetto di disprezzo, non vi trovano più nessun piacere”.

Il profeta Geremia viene incaricato dal Signore di emettere il giudizio di condanna sul regno di Giuda. Il popolo si era allontanato da Dio dandosi all’idolatria. Il Signore lo invita ripetutamente a tornare sui “sentieri antichi” (Geremia 6:16). Il Signore invita il popolo a convertirsi dalle sue vie malvagie e ritornare a Dio e alla sua legge, il cui primo comandamento condanna ogni forma di idolatria.

L’idolatria non riguarda soltanto immagini e sculture davanti alle quali ci si prostra ma riguarda ogni falso tiranno oppressore che nella nostra quotidianità prende il posto di Dio (lavoro, passatempi, ozio, tv, musica, politica, beni materiali, apparenze, gloria, fama, stati emotivi personali, esseri umani e perfino “noi” quando con il nostro egocentrismo ed egoismo pensiamo di bastare a noi stessi).
Cos’è che oggi nella nostra quotidianità ci procura piacere? Cos’è che ruba il posto della Parola di Dio? L’idolo è tutto ciò che poni nel tuo cuore e che guida i tuoi pensieri, le tue azioni, le tue parole, le tue scelte. È qualcosa a cui affidi tutto te stesso  e speri che in cambio ti renda felice, per poi scoprire che è una falsa speranza. (Dove sono i tuoi dèi che ti sei fatto? Si lèvino, se possono salvarti nel tempo della tua sventura. Geremia 2:28).

L’uomo che ne sia consapevole o meno, dipende sempre da qualcosa o qualcuno. Ciò che entra nella nostra mente e nel nostro cuore attraverso i cinque sensi (vista, olfatto, gusto, udito e tatto) condizionerà le nostre inclinazioni caratteriali, la nostra natura, i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, le nostre reazioni e le nostre scelte quotidiane. Da tutto ciò noi dipenderemo e dipenderà la nostra serenità e gioia!

Il profeta Geremia al capitolo 7: 8-10 riporta le seguenti parole:

“Ma voi confidate in parole false e ciò non vi gioverà: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate alla mia presenza in questo tempio, che prende il nome da me, e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutti questi abomini”.

Ciò in cui scegli di confidare oggi condizionerà il tuo comportamento. Lo stesso concetto viene riportato dall’apostolo Paolo nel Nuovo Testamento in Galati 5: 16, 19-21:

“Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio”.

Il popolo di Giuda, così come anche noi, rischiamo di dipendere da false speranze e credere che queste ci diano la salvezza, possiamo crederci al sicuro, possiamo gridare “siamo salvi” ma non essere consapevoli che stiamo riponendo la nostra fiducia in punti di riferimento sbagliati. Questa purtroppo è la realtà distorta senza Dio, senza la sua guida. Il peccato non è altro che la nostra sistematica decisione di fare a meno di Dio nelle nostre vite, di pensare di essere autosufficienti per poi crollare sotto il peso delle delusioni, frustrazioni e insoddisfazioni quotidiane. 

La buona notizia è però che Cristo, nonostante il nostro rifiuto nei suoi confronti, nella sua infinita misericordia e pietà verso di noi, per liberarci dalla nostra auto-distruzione e dalla morte eterna alla quale è destinato l’uomo che perde il contatto con la fonte della vita che è Dio, è venuto a pagare per noi il prezzo della nostra mancata fiducia in Lui e a ristabilire questa relazione. Dalla relazione che noi decideremo quotidianamente di stabilire con Cristo attraverso la preghiera e la meditazione della Bibbia, dipenderà una vita abbondante che consiste in quei bisogni che l’uomo tende a soddisfare giornalmente cercandoli però nel posto sbagliato:

“Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo”. (Galati 5:22)

Cristo nella Sua Parola afferma:

“Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”. (Giovanni 10:10)

La nostra salvezza in questa vita e in quella futura consiste quindi in due fasi:

1.      Giustificazione per fede: è una giustizia imputata. Un atto mediante il quale il peccatore pentito (colui che riconosce che senza Dio la sua vita è nulla) è dichiarato giusto e viene liberato dalla condanna a morte (il salario del peccato è la morte – Romani 6:23). Gesù muore al posto nostro.
2.      Santificazione: è la giustizia impartita. Un’opera mediante la quale dipendendo da Gesù quotidianamente, relazionandoci a Lui, gli assomiglieremo sempre di più, i suoi frutti (Galati 5:22, il cui testo è riportato sopra) saranno manifesti nella nostra vita e la nostra natura carnale, egoista, egocentrica (con tutte le conseguenze che ne comporta) sarà sostituita con la natura spirituale per una vita piena, abbondante e soddisfacente. 

È scientificamente provato che la ripetizione costante dello stesso messaggio porta inevitabilmente all’azione. Ecco come attraverso i nostri cinque sensi noi veniamo influenzati in un modo o in un altro.

Cos’è che oggi continui a ripeterti? Quando spendi il tuo tempo davanti programmi televisivi di vario genere, davanti ai social, quando spendi il tuo tempo in conversazioni frivole, volgari, piene di rancore, amarezze, desiderio di vendetta, quando rimugini continuamente sulle tue delusioni, mancanze, frustrazioni, vuoti, lamentandoti continuamente, stai alimentando la tua natura carnale, stai condizionando la tua mente in modo negativo, di conseguenza le tue reazioni e azioni saranno distruttive. Ricorda che la ripetizione costante dello stesso messaggio porta inevitabilmente all’azione. 

L’unico che può influenzarti positivamente, l’unico che può dare risposte concrete alla tua vita, l’unico che ti può portare soluzioni vere e durature è Cristo Gesù attraverso l’unica fonte di verità: la sua parola, la Bibbia, perché essa parla di Lui che è la Via, la Verità e la Vita (Giovanni 14:6).

  • Tutta la Bibbia è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera. (2 Timoteo 3:16)

  • Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Giovanni 8:32).

  • Voi siete miei amici se fate le cose che vi comando (Giovanni 15:14)

Dai una possibilità a Gesù. 

“Io prendo oggi a testimoni il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché tu possa vivere” (Deuteronomio 30:19).

SCEGLI DUNQUE OGGI LA VITA. SCEGLI GESU’.

venerdì 1 febbraio 2019

Il rimedio divino contro il senso di colpa: il perdono!


Oggi parliamo del senso di colpa dal punto di vista biblico. Esso è un sentimento spiacevole che deriva dalla convinzione di aver danneggiato qualcuno. Se elaborato in modo costruttivo porterà ad intraprendere azioni riparatrici e a rafforzare i rapporti compromessi. 

Il senso di colpa può essere però anche estremamente distruttivo per la vita emotiva. Per capire meglio abbiamo bisogno di tornare indietro al “Giardino dell’Eden”, quando Adamo ed Eva decisero di prendere il controllo della loro vita distaccandosi da Dio e non fidandosi di Lui. Da quel momento caddero in modo strepitoso. Il primo sentimento negativo che sorse fu la paura. Il senso di colpa è associato alla paura. Il senso di colpa è la paura per aver fatto qualcosa che sappiamo ha danneggiato noi, Dio e gli altri. 

Cosa fecero Adamo ed Eva quando si resero conto di aver sbagliato? Si nascosero dietro gli alberi, in qualche modo fuggirono dalla realtà anziché affrontarla. Non volevano essere visti in quello stato di vergogna. Vi rendete conto di quanto sia pregiudizievole il senso di colpa? Per primo ti allontana dalla luce, dopo ti porta nelle tenebre e ti fa vivere in penombra, nascosto dietro gli “alberi”. 

La penombra è un misto di luce e buio, non è completamente luce e non è completamente buio; non c’è chiarezza nella vita di una persona che porta il peso del senso di colpa. La persona che vive in questo stato da un lato preferisce fuggire e dall’altro inizia ad accusare l’altro. La migliore auto difesa è il meccanismo di proiezione: accusi l’altro perché nessuno si renda conto del tuo limite, del tuo problema, del tuo sbaglio; in senso biblico, del tuo peccato.

Per liberarsi del senso di colpa esiste solo una via d’uscita: il perdono.
E per ricevere il perdono l’unica via è il pentimento, riconoscere semplicemente di aver sbagliato. Dio è molto più pronto a perdonare di quanto non lo siamo noi a riconoscere i nostri errori. 

Quando si ha paura di affrontare la realtà e riconoscere il proprio errore si ricorre spesso a soluzioni ingannevoli quali il rifugio nell’alcol, vizio, cibo, distrazioni di vario genere, il troppo lavoro, l'indifferenza, l'isolamento, pur di evitare di riconoscere lo sbaglio e rimediare. Purtroppo però le suddette soluzioni sono soltanto una via di fuga momentanea che sfociano nell’insoddisfazione e nella disperazione. 

Nella Bibbia troviamo la storia di Giuseppe e i suoi fratelli. Giuseppe venne venduto da loro come schiavo agli egiziani per invidia (Genesi 37). Dopo essersene liberati per nascondere la grave infamia presero la veste della quale lo avevano spogliato e ucciso un capro la immersero nel suo sangue. Fecero così intendere al padre che era stato sbranato da una bestia.

Per tutta la vita vissero nel senso di colpa, per non ammettere lo sbaglio commesso e dire la verità si nascosero dietro le loro bugie, le quali aggravarono il loro peso. Ogni volta poi che le cose andavano male nella loro quotidianità, il senso di colpa saltava fuori perché pensavano che quella era la conseguenza del loro peccato.

Il peccato è così. Possono passare gli anni ma quando rimane inconfessato, continua a bussare alla tua porta facendoti sentire in colpa per quello che hai fatto e facendoti pensare che è Dio che ti sta castigando e che non meriti di essere felice.
Fortunatamente i fratelli di Giuseppe si incontrarono con lui molti anni dopo quando a causa di una grave carestia furono costretti a recarsi in Egitto per fare provviste di viveri, dove Giuseppe era diventato nel frattempo il governatore del paese (per la storia completa leggete Genesi dal capitolo 42-45).

Quando Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli loro reagirono con sgomento, furono grandemente turbati, impauriti. 

“Quindi Giuseppe disse ai suoi fratelli: io sono Giuseppe, mio padre è ancora in vita? Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere perché erano sgomenti alla sua presenza”. (Genesi 45:3)

Gli sbagli commessi ci portano ad avere paura delle conseguenze ma quando confessiamo i nostri torti e li riconosciamo, il perdono ci libera dal senso di colpa e ci ridona la pace. Giuseppe aveva perdonato i suoi fratelli e questo li liberò dal senso di colpa. Dio è sempre pronto a perdonarci ed accoglierci se solo ci fidiamo di riconoscere davanti a Lui le nostre debolezze, i nostri fallimenti, i nostri sbagli e gli chiediamo di aiutarci a rimediare, di rialzarci e ricominciare da quel preciso istante. 

“Molti sono i dolori dell’empio, ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità”. (Salmo 32:10)

Quali sono i dolori dell’empio? Sono i pesi che si porta addosso. Ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità. Dio vuole perdonarci e ridarci la pace. Non c’è sbaglio così grande al quale Lui non possa rimediare per il nostro bene. A noi spetta andare a Lui con fiducia, riconoscere senza cercare giustificazioni che abbiamo sbagliato e chiedergli di mettere in noi il desiderio di relazionarci con Lui quotidianamente per essere trasformati a sua immagine e non ricommettere quell’errore, anzi abbandonarlo.
Dio è desideroso di ricostruire i nostri sogni, i nostri progetti, Egli vuole donarci la serenità e la gioia. 

“Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
 Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere”. (Salmo 102:9-14)

Il senso di colpa è utile solo in un primo momento, quando ci aiuta a riconoscere che abbiamo sbagliato e che quell’errore ovviamente fa del male a noi stessi, a Dio e agli altri che lo hanno subito. Da quel momento le azioni da compiere sono: riconoscere umilmente l’errore, chiedere perdono, impegnarsi a rimediare e chiedere a Dio di cambiare la nostra natura affinché abbandoniamo quell’atteggiamento, quel pensiero, quel modo di agire e reagire che abbiamo riconosciuto come sbagliati.

Ci sono invece tre modi sbagliati di affrontare il senso di colpa:
  • ·         Reprimerlo. Quindi non ammettere l’errore. Questo toglierà in noi la pace fino a farci stare male anche fisicamente.
  • ·         Dire semplicemente “mi dispiace”, “scusami”, “perdonami”. Questo non significa riconoscere la serietà dello sbaglio commesso e pentirsi veramente. Ci pentiamo veramente quando come detto sopra rimediamo e cambiamo atteggiamento.
  • ·         Si possono avere dei rimorsi ma questo non significa pentirsi. Il rimorso è pericoloso perché se alimentato può portare a gravi conseguenze, anche al suicidio. Il pentimento vero invece ti porta a riconoscere e ripartire con la pace nel cuore.
Quando confessiamo uno sbaglio per Dio è già perdonato. Quello di cui abbiamo bisogno è semplicemente mantenere una relazione quotidiana con il Padre. Più sarà profonda la nostra relazione con Dio, migliori saranno le nostre relazioni interpersonali con i familiari, il coniuge, gli amici, e persino i nemici.

Essere un cristiano è svegliarti ogni giorno e ritagliarti del tempo per relazionarti con Cristo, imparare da Lui, portare a Lui i tuoi pesi, le tue paure, i tuoi vuoti, i tuoi sensi di colpa, i tuoi limiti, i tuoi affanni, la tua malattia (fisica), le tue infermità (emotive) e trovare in Lui riposo, cibarti della sua parola e vedere il frutto manifesto nella tua vita e nelle tue relazioni interpersonali. 

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero”. (Matteo 11:28-30).

giovedì 17 gennaio 2019

IL VALORE DELLA LEGGE DIVINA COME LIBERAZIONE DA TUTTO CIO' CHE OPPRIME, DISORIENTA, CONFONDE



Avvertiamo ormai nella nostra società un disorientamento diffuso tutto intorno. Si cercano nuovi valori, si fa difficoltà a trovare punti di riferimento stabili, ciò che prima era inaccettabile oggi è cosa comune. La morale viene accusata di alienare l’uomo mentre la trasgressione ha preso il posto anche del rispetto reciproco, la fame del trionfo personale ad ogni costo ha fatto dell’egoismo una virtù.

La nostra natura pur riconoscendo la necessità urgente di un ordine, resiste tuttavia alle restrizioni. Desideriamo che gli altri rispettino la legge quando ci conviene, ma ci disturba osservarla a nostra volta. Non possiamo però ignorare che la legge è la disciplina necessaria perché possiamo ricevere una formazione. Le contraddizioni dell’essere umano, diviso tra desideri e debolezze, richiedono una pedagogia della legge che ci insegni a regolare le nostre relazioni con gli altri. 

Così come le leggi dello spazio agiscono sull’universo e gli astri, gli atomi, la materia, l’energia si reggono su leggi fisiche immutabili che se violate scatenerebbero processi di distruzione irreversibili; così come le leggi della vita sono immutabili, regolano la nascita, la crescita, la riproduzione tanto della cellula vegetale più elementare che dell’essere umano e sappiamo che la violazione delle leggi biologiche porta con sé sofferenza, degenerazione, malattia e morte; allo stesso tempo le leggi dello spirito (per una lettura completa leggete nelle vostre Bibbie in Esodo 20:1-17/ Deuteronomio 5:6-21) sono relazionate con la vita e reggono la sfera più elevata della realtà umana: il nostro senso del bene, la verità, la bellezza, il nostro pensare, il nostro agire, il nostro desiderare, amare e creare. 

Le leggi divine sono immutabili, impossibili da eludere, Dio che ci ha dato un codice genetico per garantire la permanenza delle nostre strutture biologiche, ci ha dato anche un “codice etico” per aiutarci a strutturare in modo sicuro i valori della nostra coscienza. Sono regole del gioco della nostra esistenza e trasgredirle significa entrare in conflitto con l’essenza stessa della vita, ecco perché tanto disorientamento oggi. 

Ecco che il “Decalogo: dal greco deka – dieci e logos – parola” ossia i “Dieci Comandamenti” scritti con il dito di Dio e dati a Mosè sul Sinai non è tanto un insieme di ordini, ma un orientamento. Più che una legge pura e semplice è un cammino che ci viene posto davanti perché lo seguiamo, esso che potrebbe apparire un vincolo, un tentativo di rendere schiavo l’uomo, è invece per paradosso un orizzonte di libertà voluto da Dio. Ci sono almeno tre significati di “liberazione” presenti nel decalogo:

1.     Esso ci libera innanzitutto dall’incertezza riguardo al fare, dall’angoscia di non sapere che cosa dobbiamo fare.
2.     In secondo luogo ci libera da tanti sentimenti negativi che albergano facilmente nel cuore dell’uomo e che lo rendono schiavo: si può dire che si impossessano di noi e noi diventiamo “strumenti” di questi sentimenti negativi che sono ostili nei confronti del prossimo.
3.     E infine il decalogo ci orienta verso l’amore. Amore per Dio, per la vita, per il prossimo. 

Che cos’è allora veramente il “Decalogo”? E’ un insieme di proibizioni di Dio per noi viste quindi come la privazione della nostra libertà? O è invece la vera libertà che ci mette davanti Dio, la vera liberazione da quella schiavitù che ha a che fare con il “culto della creatura” che si sostituisce al Creatore?
Perché il “peccato”, o se ci disturba tanto questa parola, possiamo dire il malessere, l’insoddisfazione, il disorientamento, la mancanza di pace, di serenità, di vera realizzazione, non è altro che il “rifiuto di Dio”; il rifiuto della sua buona volontà per la felicità dell’uomo; la mancanza di fiducia nella Sua Parola; il volere fare a modo nostro; il volere stare al centro dell’universo; il volere prendere il posto del Creatore; il volere considerarsi capaci di esercitare una buona “giustizia” senza la guida di Dio; in due parole: “egocentrismo” ed “egoismo”. 

Non deve sorprendere se oggi abbiamo perso il controllo della situazione, se viviamo in un mondo in cui c’è la lotta per la sopravvivenza, il più forte prevale sul più debole, chi possiede  e chi gestisce il potere si arroga il diritto di dominare sull’altro, la libertà personale va difesa a tutti i costi anche se questo significa mancare di rispetto all’altro, al prossimo.

Ecco allora che il “ritorno alla legge assoluta di Dio” è necessario per stabilire lo spazio entro il quale la nostra libertà va esercitata nel rispetto dei nostri simili. La vera libertà va imparata.
Ecco allora che desiderare con tutto il cuore di tornare a camminare nelle vie di Dio (le sue leggi, i suoi comandamenti) significa tornare a fidarsi di Dio, riconoscere che senza di Lui non possiamo fare nulla (Giovanni 15:5) – nulla di buono si intende – perché senza Dio ne facciamo tante di cose… ma rimangono più che discutibili.
Ecco che allora il decalogo fonda le relazioni sull’armonia che è il criterio di tutte le relazioni corrette tra Dio, l’uomo e il prossimo. 

La persona umana vive all’interno di complesse relazioni. L’uomo fa parte di una famiglia, di un’unità politica, di una comunità religiosa e ad esse è legato da complesse trame affettive, economiche e sociali. Quindi è “giusto” tutto ciò che promuove l’insieme di queste relazioni in una direzione corretta. In questo modo, la giustizia di Dio non indica tanto la sua capacità di giudicare il trasgressore ma piuttosto la volontà di pace e armonia per gli uomini, così come il valore della fedeltà alla sua parola, in ogni circostanza della vita. 

Il decalogo, nonostante la sua brevità, entra in tutti gli aspetti della vita. Esso inoltre non ci tratta come trasgressori ai quali bisogna imporre delle norme ma come uomini liberi e intelligenti capaci di scegliere la via giusta che Dio ci pone davanti. È come sentirci dire: “ti amo così tanto che ti ho creato libero e tu dovrai scegliere da solo ma desidero con tutto me stesso che tu scelga la vita. Abbi fiducia in me. Il male in tutte le sue forme, conduce alla morte e tu non puoi comprendere il rischio che corri”. 

In un modo speciale, il decalogo ci insegna che se desideriamo realizzarci pienamente come essere umani, dobbiamo seguire le proposte divine.
I Dieci Comandamenti sono dieci parole di libertà, per una relazione pura e vera con Dio e con il prossimo. Chi comprenderà queste parole come la voce dell’amore, non le percepirà come restrizioni ma come “liberazione”.

Nelle prossime riflessioni andremo quindi ad analizzare ognuno di questi comandamenti e l’implicazione pratica che hanno per la nostra quotidianità. Se vogliamo liberarci da ogni frustrazione, insoddisfazione, dubbio, incoerenza, rabbia… diamo una possibilità a Dio, facciamo esperienza del Suo amore, un’esperienza che può scaturire solo nella “conoscenza” che di Lui abbiamo attraverso la Sua parola. 

E se qualcuno non l’ha ancora conosciuto o pensa che non esista, si dia almeno una possibilità, in questo mondo ormai alla deriva, se ne cercano tante di soluzioni, si è disposti a provare di tutto e spesso a nostro svantaggio, con risultati pessimi; perché allora non provare quella che potrebbe essere la vera soluzione? Perché non iniziare a camminare in questo sentiero per molti sconosciuto ma che conduce alla vera vita? 

Spero che queste parole, anche nel cuore più ferito, più stanco di lottare, più stanco di credere che ci sia ancora qualcosa in cui sperare, possano fare nascere anche il più piccolo “sospetto” che forse, in fondo in fondo, se davvero lo vogliamo e lo cerchiamo Dio c’è e il cammino che ci pone davanti è davvero per il nostro bene:
“Questo comandamento che oggi ti do, non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per me in cielo, per prendercelo e farcelo udire in modo che lo possiamo eseguire? Non è al di là del mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca  e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Deuteronomio 30:11-14).
                                                                                             Continua….

20. BEATI SIETE VOI QUANDO VI INSULTANO E VI PERSEGUITANO PERCHE' CREDENDO FATE LA VOLONTA' DI DIO

Cari lettori, siamo giunti al commento dell'ultima beatitudine che possiamo leggere nel Vangelo di Matteo 5:10-12: "Beati i persegu...