Oggi parliamo del senso di colpa dal punto di vista biblico. Esso
è un sentimento spiacevole che deriva dalla convinzione di aver danneggiato
qualcuno. Se elaborato in modo costruttivo porterà ad intraprendere azioni
riparatrici e a rafforzare i rapporti compromessi.
Il senso di colpa può essere però anche estremamente
distruttivo per la vita emotiva. Per capire meglio abbiamo bisogno di tornare
indietro al “Giardino dell’Eden”, quando Adamo ed Eva decisero di prendere il
controllo della loro vita distaccandosi da Dio e non fidandosi di Lui. Da quel
momento caddero in modo strepitoso. Il primo sentimento negativo che sorse fu
la paura. Il senso di colpa è associato alla paura. Il senso di colpa è la
paura per aver fatto qualcosa che sappiamo ha danneggiato noi, Dio e gli altri.
Cosa fecero Adamo ed Eva quando si resero conto di aver
sbagliato? Si nascosero dietro gli alberi, in qualche modo fuggirono dalla
realtà anziché affrontarla. Non volevano essere visti in quello stato di
vergogna. Vi rendete conto di quanto sia pregiudizievole il senso di colpa? Per
primo ti allontana dalla luce, dopo ti porta nelle tenebre e ti fa vivere in
penombra, nascosto dietro gli “alberi”.
La penombra è un misto di luce e buio, non è completamente
luce e non è completamente buio; non c’è chiarezza nella vita di una persona
che porta il peso del senso di colpa. La persona che vive in questo stato da un
lato preferisce fuggire e dall’altro inizia ad accusare l’altro. La migliore
auto difesa è il meccanismo di proiezione: accusi l’altro perché nessuno si
renda conto del tuo limite, del tuo problema, del tuo sbaglio; in senso biblico,
del tuo peccato.
Per liberarsi del senso di colpa esiste solo una via d’uscita:
il perdono.
E per ricevere il perdono l’unica via è il pentimento,
riconoscere semplicemente di aver sbagliato. Dio è molto più pronto a perdonare
di quanto non lo siamo noi a riconoscere i nostri errori.
Quando si ha paura di affrontare la realtà e riconoscere il
proprio errore si ricorre spesso a soluzioni ingannevoli quali il rifugio nell’alcol,
vizio, cibo, distrazioni di vario genere, il troppo lavoro, l'indifferenza, l'isolamento, pur di evitare di
riconoscere lo sbaglio e rimediare. Purtroppo però le suddette soluzioni sono
soltanto una via di fuga momentanea che sfociano nell’insoddisfazione e nella
disperazione.
Nella Bibbia troviamo la storia di Giuseppe e i suoi
fratelli. Giuseppe venne venduto da loro come schiavo agli egiziani per invidia
(Genesi 37). Dopo essersene liberati per nascondere la grave infamia presero la
veste della quale lo avevano spogliato e ucciso un capro la immersero nel suo
sangue. Fecero così intendere al padre che era stato sbranato da una bestia.
Per tutta la vita vissero nel senso di colpa, per non
ammettere lo sbaglio commesso e dire la verità si nascosero dietro le loro
bugie, le quali aggravarono il loro peso. Ogni volta poi che le cose andavano
male nella loro quotidianità, il senso di colpa saltava fuori perché pensavano
che quella era la conseguenza del loro peccato.
Il peccato è così. Possono passare gli anni ma quando rimane inconfessato,
continua a bussare alla tua porta facendoti sentire in colpa per quello che hai
fatto e facendoti pensare che è Dio che ti sta castigando e che non meriti di
essere felice.
Fortunatamente i fratelli di Giuseppe si incontrarono con lui
molti anni dopo quando a causa di una grave carestia furono costretti a recarsi
in Egitto per fare provviste di viveri, dove Giuseppe era diventato nel
frattempo il governatore del paese (per la storia completa leggete Genesi dal
capitolo 42-45).
Quando Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli loro
reagirono con sgomento, furono grandemente turbati, impauriti.
“Quindi Giuseppe disse
ai suoi fratelli: io sono Giuseppe, mio padre è ancora in vita? Ma i suoi
fratelli non gli potevano rispondere perché erano sgomenti alla sua presenza”. (Genesi 45:3)
Gli sbagli commessi ci portano ad avere paura delle conseguenze
ma quando confessiamo i nostri torti e li riconosciamo, il perdono ci libera
dal senso di colpa e ci ridona la pace. Giuseppe aveva perdonato i suoi
fratelli e questo li liberò dal senso di colpa. Dio è sempre pronto a
perdonarci ed accoglierci se solo ci fidiamo di riconoscere davanti a Lui le
nostre debolezze, i nostri fallimenti, i nostri sbagli e gli chiediamo di
aiutarci a rimediare, di rialzarci e ricominciare da quel preciso istante.
“Molti sono i dolori
dell’empio, ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità”. (Salmo 32:10)
Quali sono i dolori dell’empio? Sono i pesi che si porta
addosso. Ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità. Dio vuole
perdonarci e ridarci la pace. Non c’è sbaglio così grande al quale Lui non
possa rimediare per il nostro bene. A noi spetta andare a Lui con fiducia,
riconoscere senza cercare giustificazioni che abbiamo sbagliato e chiedergli di
mettere in noi il desiderio di relazionarci con Lui quotidianamente per essere
trasformati a sua immagine e non ricommettere quell’errore, anzi abbandonarlo.
Dio è desideroso di ricostruire i nostri sogni, i nostri
progetti, Egli vuole donarci la serenità e la gioia.
“Non ci tratta secondo
i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere”. (Salmo 102:9-14)
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere”. (Salmo 102:9-14)
Il senso di colpa è utile solo in un primo momento, quando ci
aiuta a riconoscere che abbiamo sbagliato e che quell’errore ovviamente fa del
male a noi stessi, a Dio e agli altri che lo hanno subito. Da quel momento le
azioni da compiere sono: riconoscere umilmente l’errore, chiedere perdono,
impegnarsi a rimediare e chiedere a Dio di cambiare la nostra natura affinché
abbandoniamo quell’atteggiamento, quel pensiero, quel modo di agire e reagire
che abbiamo riconosciuto come sbagliati.
Ci sono invece tre modi sbagliati di affrontare il senso di
colpa:
- · Reprimerlo. Quindi non ammettere l’errore. Questo toglierà in noi la pace fino a farci stare male anche fisicamente.
- · Dire semplicemente “mi dispiace”, “scusami”, “perdonami”. Questo non significa riconoscere la serietà dello sbaglio commesso e pentirsi veramente. Ci pentiamo veramente quando come detto sopra rimediamo e cambiamo atteggiamento.
- · Si possono avere dei rimorsi ma questo non significa pentirsi. Il rimorso è pericoloso perché se alimentato può portare a gravi conseguenze, anche al suicidio. Il pentimento vero invece ti porta a riconoscere e ripartire con la pace nel cuore.
Quando confessiamo uno sbaglio per Dio è già perdonato. Quello
di cui abbiamo bisogno è semplicemente mantenere una relazione quotidiana con
il Padre. Più sarà profonda la nostra relazione con Dio, migliori saranno le
nostre relazioni interpersonali con i familiari, il coniuge, gli amici, e
persino i nemici.
Essere un cristiano è svegliarti ogni giorno e ritagliarti
del tempo per relazionarti con Cristo, imparare da Lui, portare a Lui i tuoi
pesi, le tue paure, i tuoi vuoti, i tuoi sensi di colpa, i tuoi limiti, i tuoi
affanni, la tua malattia (fisica), le tue infermità (emotive) e trovare in Lui
riposo, cibarti della sua parola e vedere il frutto manifesto nella tua vita e
nelle tue relazioni interpersonali.
“Venite a me, voi tutti
che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio
giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi
troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico
è leggero”. (Matteo 11:28-30).