Vita in Abbondanza

mercoledì 13 febbraio 2019

Il libro di Gioele: c’è speranza contro il male!


Il libro del profeta Gioele è breve ma allo stesso tempo affascinante e originale per chi ne sa cogliere il senso, per chi da esso si lascia interpellare. Nelle sue righe troviamo l’invito al pentimento, al ravvedimento e alle benedizioni che da esso ne verranno.

Ogni giorno nelle nostre vite a volte “subiamo” e altre volte – anche senza rendercene conto – siamo “artefici” di diverse forme di violenza, sofferenza e ingiustizia. Situazioni che creano una “distanza” dalla fonte di vita che è Dio e dal godere delle sue benedizioni e della pace che Egli promette a coloro che mantengono la loro mente ferma in Lui e in Lui confidano (Isaia 26:3).

Il libro di Gioele (cap. 1:1-4) si apre con un’invasione di cavallette, locuste, bruchi e grilli. Dalla terra del Signore sparisce tutto ciò che è verde, gli uomini vengono privati da ogni fonte di cibo, tutto è divorato, anche le cortecce degli alberi sono rosicchiate. La corteccia di un albero non ha semplicemente uno scopo ornamentale ma svolge un ruolo importante nella vita di una pianta, essa protegge le fibre legnose in cui scorrono i canali linfatici, è un po’ come se fossero le nostre vene dove scorre il sangue che per gli alberi è la linfa. Ecco, che l’allontanamento da Dio ci scortica, ci priva di quella protezione necessaria a garantire la nostra “sopravvivenza” o meglio la “vita” stessa. Allontanarci da Dio non solo è deleterio per la nostra esistenza ma diventa motivo di scoraggiamento e di dubbio anche per chi assiste al nostro vituperio (infamia, disonore, ingiuria) tanto da portare il nostro “prossimo” a dire di noi: dov’è il loro Dio? (Gioele 2:17).

Ecco che il Signore manda il suo profeta per destare il popolo dal suo sonno idolatrico, dal suo sonno etico, dal suo sonno immorale e dal suo sonno della morte spirituale. L’invio di un profeta attesta che il Signore non ha ancora smesso di amare il suo popolo, non ha ritirato il suo amore e la sua benevolenza; finché il Signore manderà un profeta c’è sempre una speranza di salvezza. Dio attraverso la Sua parola incontra l’uomo per dargli la possibilità di cambiare ciò che sembra apparire irrimediabilmente compromesso. 

Quando il peso delle situazioni difficili si fa sentire, quando lo stress ti schiaccia e ti porta ad assumere atteggiamenti scontrosi e irrequieti verso chi ti circonda rovinando le relazioni interpersonali, quando la malattia ti deprime, quando le emozioni negative prendono il controllo su di te facendoti assumere atteggiamenti di critica, quando per esprimerlo secondo le parole del profeta Giona “la gioia viene meno tra i figli degli uomini” (Gioele 1:12), ecco il grido esortativo:

Svegliati (Gioele 1:5). Prendi cioè coscienza della gravità della situazione, prendi coscienza delle conseguenze deleterie per te e per chi ti circonda, arrenditi davanti a Dio e riconosci che senza di Lui non puoi fare nulla.

Piangi (Gioele 1:5). Il pianto è segno che quella cosa, quel problema, quell’evento ti sta segnando profondamente. Dopo aver preso coscienza della tua situazione allora piangi, un pianto liberatorio di chi ha bisogno di lasciare il controllo a Dio, di chi si rende conto che da solo è incapace di gestire cristianamente in modo sano i pesi quotidiani senza nuocere a se stesso e a chi gli sta vicino. 

Digiuna (Gioele 1:5). L’uomo che digiuna è colui che si priva di ciò che è necessario per vivere (il cibo), per cogliere con più chiarezza cosa sia “essenziale” nell’esistenza. Di che cosa ti stai nutrendo? Con cosa stai cercando oggi di soddisfare i tuoi bisogni? Dove stai cercando di trovare le soluzioni ai tuoi problemi? Forse hai bisogno di privarti di quel cibo scarso che a nulla serve ma che ti sembra così necessario, per fare spazio a Colui che è l’essenziale nella tua vita. Hai bisogno di un cambio radicale nella tua vita. Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi darò riposo (Matteo 11:28).

Solo dopo esserti messo nella giusta posizione davanti a Dio (dopo esserti svegliato, dopo aver pianto e digiunato), allora Egli promette:

“Dopo questo avverrà che io spanderò il mio Spirito sopra ogni carne; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno; i vostri vecchi faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gioele 2:28).

Qual è il senso profondo di questo testo? Il dono dello Spirito è universale (su ogni carne, su ogni uomo). L’antica speranza di Israele espressa dalle parole di Mosè “Fossero tutti profeti nel popolo dell’Eterno e volesse l’Eterno mettere il Suo Spirito su di loro” (Numeri 11:29), trova compimento in questo testo di Gioele.

Perché l’essere profeta non va inteso soltanto come colui che sotto ispirazione divina “predice il futuro” ma come colui che sa leggere nella sua quotidianità la presenza costante dell’Eterno e sa mettere in crisi le sue scelte concrete partendo dalla sua radicale fede in Dio.

È grazie allo Spirito riversato nel cuore dell’uomo che la realtà acquista un senso diverso, che l’essenziale si rivela nella sua bellezza e che si arriva alla profonda conoscenza di Dio e di se stessi. Nell’invocare il nome dell’Eterno consiste la nostra salvezza:

“E avverrà che chiunque invocherà il nome dell’Eterno sarà salvato…” (Gioele 2:32).

Invocare il nome dell’Eterno non è un semplice nominarlo in modo astratto ma è cogliere nel Suo nome la nostra vocazione, missione, il suo sigillo su ognuno di noi. È un invito ad una comunione intima e ad un rapporto diretto con Dio il quale ci salverà da noi stessi e dalle catene che ci legano, una liberazione che prende luogo adesso, nel presente, nel “qui ed ora”, mostrando il male in tutta la sua impotenza, destinato alla fine.

Non c’è problema e situazione sfavorevole sui quali Dio non possa intervenire. Tornare a Dio e sperare nella sua salvezza non è una fuga dalla realtà ma la certezza che questa vita e tutto ciò che conta veramente in questa vita, non è destinato a perire. L’Eterno eseguirà il suo giudizio sul male ma anche su coloro che compiono il male:

“L’Eterno ruggirà da Sion e farà sentire la sua voce da Gerusalemme, e i cieli e la terra tremeranno. Ma l’Eterno sarà un rifugio per il suo popolo e una fortezza per i figli d’Israele” (Gioele 3:16).

Questo dovrebbe stimolarci oggi a rivoltarci decisamente su tutto ciò che degrada la nostra esistenza e ci rende schiavi e portarci a decidere fermamente di rifiutare il male in tutte le sue forme (verbali, attitudinali e fisiche) e avere la certezza e credere che Colui che è Vita è molto più forte della morte (sia essa fisica che spirituale). 

“E voi mangerete in abbondanza e sarete saziati e loderete il nome dell’Eterno che per voi ha fatto meraviglie e il mio popolo non sarà mai più coperto di vergogna” (Gioele 2:27)



domenica 10 febbraio 2019

Dai alla luce te stesso: abbi stima di te!


Oggi si parla molto di autostima. Essa può definirsi come l’amore sano verso se stessi. Significa essere coscienti delle proprie virtù e capacità ma anche delle proprie debolezze e dei propri difetti, e riguardo a questi ultimi accettarli, mettersi in gioco migliorandosi e continuare comunque ad apprezzarsi. 

L’autostima è la convinzione del fatto che tu hai un valore, che hai diritto ad avere una dignità già solo per il fatto che esisti, se hai una sana autostima darai dignità anche a chi ti sta vicino. Nell’ambito della psicologia o di percorsi motivazionali l’autostima è basata sulla tua forza interiore, su ciò che viene da dentro te stesso. Anche la bibbia parla di autostima ma la base per averla non è ciò che viene da dentro ma ciò che viene dal tuo Creatore.

Concentriamoci sul nostro essere “vivi”. Se ci fermiamo a considerare la nostra vita, il fatto che ogni mattina riapriamo gli occhi e un nuovo giorno ci aspetta, ci rendiamo conto che il potere che abbiamo su di essa è limitato, alcune cose le diamo per scontate ma in realtà non lo sono.

Se sei vivo ancora oggi ci sono solo due possibilità: o sei frutto della creazione o sei frutto del’evoluzione. Se sei frutto dell’evoluzione allora le tue origini sono frutto di un caso, di un incidente cosmico. Se questo è vero allora nemmeno la tua esistenza ha senso, tutto è un caso nella tua vita, le vittorie come i fallimenti, sei in mano al nulla. 
Dall’altro lato, se la tua vita è il frutto dell’amore di Dio, il quale ti ha voluto, ti ha creato e ha permesso che tu esistessi, allora tutto acquista un senso diverso.

In genesi 1:26 leggiamo:

E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Durante la settimana della creazione Dio creò gli animali e la vegetazione con il potere della Sua parola, però quando arrivò il momento di creare l’uomo, Dio si sporcò le mani formando il corpo umano, si compromise fino in fondo per te e per me. Ci creò a sua immagine e somiglianza, come esseri intelligenti, capaci di pensare, razionali e con il libero arbitrio. 

Noi valiamo molto, per questo quando ci siamo sviati per seguire altre vie, scegliendo la morte, Dio non si è rassegnato e per amore ha pagato per noi il prezzo attraverso Gesù. Gesù ha lasciato il suo posto meraviglioso, la sua gloria, l’essere amato, apprezzato, riconosciuto, onorato per farsi nostro servo, per essere da noi disprezzato, rigettato, non stimato, umiliato, maltrattato, giudicato ingiustamente e per ultimo ucciso (per una lettura completa leggete Isaia 53). Provate a fare questo per qualcuno che non riconosce il vostro valore, provate a fare del bene a chi vi fa del male, provate a sacrificarvi per chi vi disprezza, offende, ridicolizza, per chi è indifferente nei vostri confronti. È praticamente impossibile per l’essere umano. Eppure Gesù ha fatto questo per noi quando non ce lo meritavamo affatto. Se non è questo amore! Se non è questo darci valore! 

Noi valiamo il Suo tempo, noi valiamo la Sua vita. Quanto è bello essere consapevoli di questo! Chi non desidera valere il tempo e la vita di una persona amata? Ti fa sentire bene, ti fa sentire importante, è la cosa più bella che si possa sperimentare. 

Eppure, non dobbiamo far valere la nostra autostima da altri esseri umani sottoposti alle nostre stesse tentazioni, che portano il peso delle loro ferite, dei loro fallimenti, delle loro scelte. Solo se contempliamo l’amore di Cristo e tendiamo alla trasformazione a sua immagine, riusciremo allora ad amare chi ci sta vicino allo stesso modo, a contraccambiarci allo stesso modo e allora si che sperimenteremo relazioni più sane ed equilibrate:

L'amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene. Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente. (Romani 12:9,10)

Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso. (Filippesi 2:3)

Come vedi te stesso? L’essere umano è osservato da tre prospettive diverse:


  • ·         Quello che gli altri pensano che tu sia

  • ·         Quello che tu pensi di essere

  • ·         Ciò che Dio crede che tu sia e che vali

Solo Dio ha la visione corretta del tuo valore e solo Dio può darti la visione corretta anche del valore di chi ti sta vicino. Una corretta autostima dipenderà da quando ti avvicini alla visione divina del tuo valore, non dalla competizione con i modelli che la società propone (siano essi di bellezza, razza, intelligenza, lusso, fama, ecc.).

A volte abbiamo una stima eccessiva di noi stessi che ci porta a disprezzare gli altri, a guardarli dall’alto in basso, che ci fa tendere verso l’egoismo e l’egocentrismo. In Romani 12:3 leggiamo:

“Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato”.

Altre volte pensiamo di non valere nulla e questo ci porta a vivere con un complesso di inferiorità, in una sottomissione malsana, facendoci umiliare, maltrattare e subire ogni ingiustizia. 

Il nostro valore non dipende da ciò che pensano gli altri, i quali un giorno pensano bene, l’altro criticano ciò che fai. Il nostro valore dipende dal vivere alla gloria di Dio e secondo i suoi principi, solo allora avremo il giusto equilibrio e sapremo di stare facendo la cosa giusta.

Anche se nella vita le cose non sempre vanno come vorremmo, anche se a volte portiamo il peso dei nostri fallimenti, anche se a volte tendiamo a competere con chi riteniamo migliore, anche se altre volte siamo invece noi a ritenerci migliori di altri, ricordiamoci che in Dio tutto può essere riequilibrato. In Romani 12:2 leggiamo:

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà”.

Dio si riferisce qui ad un cambiamento interiore, un cambiamento della nostra mente, del nostro modo di pensare che di conseguenza cambierà il nostro modo di agire. Una persona trasformata non vivrà secondo i “padroni” o le “regole” di condotta che la società propone, ma farà dipendere il suo valore da ciò che la parola di Dio insegna.

“Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo … “ (Isaia 43:4).

domenica 3 febbraio 2019

La nuova nascita - una nuova possibilità!


Geremia 6:10

“A chi parlerò, chi prenderò come testimone perché mi ascolti? Ecco, il loro orecchio è incirconciso, essi sono incapaci di prestare attenzione; ecco, la parola del SIGNORE è diventata per loro oggetto di disprezzo, non vi trovano più nessun piacere”.

Il profeta Geremia viene incaricato dal Signore di emettere il giudizio di condanna sul regno di Giuda. Il popolo si era allontanato da Dio dandosi all’idolatria. Il Signore lo invita ripetutamente a tornare sui “sentieri antichi” (Geremia 6:16). Il Signore invita il popolo a convertirsi dalle sue vie malvagie e ritornare a Dio e alla sua legge, il cui primo comandamento condanna ogni forma di idolatria.

L’idolatria non riguarda soltanto immagini e sculture davanti alle quali ci si prostra ma riguarda ogni falso tiranno oppressore che nella nostra quotidianità prende il posto di Dio (lavoro, passatempi, ozio, tv, musica, politica, beni materiali, apparenze, gloria, fama, stati emotivi personali, esseri umani e perfino “noi” quando con il nostro egocentrismo ed egoismo pensiamo di bastare a noi stessi).
Cos’è che oggi nella nostra quotidianità ci procura piacere? Cos’è che ruba il posto della Parola di Dio? L’idolo è tutto ciò che poni nel tuo cuore e che guida i tuoi pensieri, le tue azioni, le tue parole, le tue scelte. È qualcosa a cui affidi tutto te stesso  e speri che in cambio ti renda felice, per poi scoprire che è una falsa speranza. (Dove sono i tuoi dèi che ti sei fatto? Si lèvino, se possono salvarti nel tempo della tua sventura. Geremia 2:28).

L’uomo che ne sia consapevole o meno, dipende sempre da qualcosa o qualcuno. Ciò che entra nella nostra mente e nel nostro cuore attraverso i cinque sensi (vista, olfatto, gusto, udito e tatto) condizionerà le nostre inclinazioni caratteriali, la nostra natura, i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, le nostre reazioni e le nostre scelte quotidiane. Da tutto ciò noi dipenderemo e dipenderà la nostra serenità e gioia!

Il profeta Geremia al capitolo 7: 8-10 riporta le seguenti parole:

“Ma voi confidate in parole false e ciò non vi gioverà: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate alla mia presenza in questo tempio, che prende il nome da me, e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutti questi abomini”.

Ciò in cui scegli di confidare oggi condizionerà il tuo comportamento. Lo stesso concetto viene riportato dall’apostolo Paolo nel Nuovo Testamento in Galati 5: 16, 19-21:

“Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio”.

Il popolo di Giuda, così come anche noi, rischiamo di dipendere da false speranze e credere che queste ci diano la salvezza, possiamo crederci al sicuro, possiamo gridare “siamo salvi” ma non essere consapevoli che stiamo riponendo la nostra fiducia in punti di riferimento sbagliati. Questa purtroppo è la realtà distorta senza Dio, senza la sua guida. Il peccato non è altro che la nostra sistematica decisione di fare a meno di Dio nelle nostre vite, di pensare di essere autosufficienti per poi crollare sotto il peso delle delusioni, frustrazioni e insoddisfazioni quotidiane. 

La buona notizia è però che Cristo, nonostante il nostro rifiuto nei suoi confronti, nella sua infinita misericordia e pietà verso di noi, per liberarci dalla nostra auto-distruzione e dalla morte eterna alla quale è destinato l’uomo che perde il contatto con la fonte della vita che è Dio, è venuto a pagare per noi il prezzo della nostra mancata fiducia in Lui e a ristabilire questa relazione. Dalla relazione che noi decideremo quotidianamente di stabilire con Cristo attraverso la preghiera e la meditazione della Bibbia, dipenderà una vita abbondante che consiste in quei bisogni che l’uomo tende a soddisfare giornalmente cercandoli però nel posto sbagliato:

“Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo”. (Galati 5:22)

Cristo nella Sua Parola afferma:

“Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”. (Giovanni 10:10)

La nostra salvezza in questa vita e in quella futura consiste quindi in due fasi:

1.      Giustificazione per fede: è una giustizia imputata. Un atto mediante il quale il peccatore pentito (colui che riconosce che senza Dio la sua vita è nulla) è dichiarato giusto e viene liberato dalla condanna a morte (il salario del peccato è la morte – Romani 6:23). Gesù muore al posto nostro.
2.      Santificazione: è la giustizia impartita. Un’opera mediante la quale dipendendo da Gesù quotidianamente, relazionandoci a Lui, gli assomiglieremo sempre di più, i suoi frutti (Galati 5:22, il cui testo è riportato sopra) saranno manifesti nella nostra vita e la nostra natura carnale, egoista, egocentrica (con tutte le conseguenze che ne comporta) sarà sostituita con la natura spirituale per una vita piena, abbondante e soddisfacente. 

È scientificamente provato che la ripetizione costante dello stesso messaggio porta inevitabilmente all’azione. Ecco come attraverso i nostri cinque sensi noi veniamo influenzati in un modo o in un altro.

Cos’è che oggi continui a ripeterti? Quando spendi il tuo tempo davanti programmi televisivi di vario genere, davanti ai social, quando spendi il tuo tempo in conversazioni frivole, volgari, piene di rancore, amarezze, desiderio di vendetta, quando rimugini continuamente sulle tue delusioni, mancanze, frustrazioni, vuoti, lamentandoti continuamente, stai alimentando la tua natura carnale, stai condizionando la tua mente in modo negativo, di conseguenza le tue reazioni e azioni saranno distruttive. Ricorda che la ripetizione costante dello stesso messaggio porta inevitabilmente all’azione. 

L’unico che può influenzarti positivamente, l’unico che può dare risposte concrete alla tua vita, l’unico che ti può portare soluzioni vere e durature è Cristo Gesù attraverso l’unica fonte di verità: la sua parola, la Bibbia, perché essa parla di Lui che è la Via, la Verità e la Vita (Giovanni 14:6).

  • Tutta la Bibbia è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera. (2 Timoteo 3:16)

  • Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Giovanni 8:32).

  • Voi siete miei amici se fate le cose che vi comando (Giovanni 15:14)

Dai una possibilità a Gesù. 

“Io prendo oggi a testimoni il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché tu possa vivere” (Deuteronomio 30:19).

SCEGLI DUNQUE OGGI LA VITA. SCEGLI GESU’.

venerdì 1 febbraio 2019

Il rimedio divino contro il senso di colpa: il perdono!


Oggi parliamo del senso di colpa dal punto di vista biblico. Esso è un sentimento spiacevole che deriva dalla convinzione di aver danneggiato qualcuno. Se elaborato in modo costruttivo porterà ad intraprendere azioni riparatrici e a rafforzare i rapporti compromessi. 

Il senso di colpa può essere però anche estremamente distruttivo per la vita emotiva. Per capire meglio abbiamo bisogno di tornare indietro al “Giardino dell’Eden”, quando Adamo ed Eva decisero di prendere il controllo della loro vita distaccandosi da Dio e non fidandosi di Lui. Da quel momento caddero in modo strepitoso. Il primo sentimento negativo che sorse fu la paura. Il senso di colpa è associato alla paura. Il senso di colpa è la paura per aver fatto qualcosa che sappiamo ha danneggiato noi, Dio e gli altri. 

Cosa fecero Adamo ed Eva quando si resero conto di aver sbagliato? Si nascosero dietro gli alberi, in qualche modo fuggirono dalla realtà anziché affrontarla. Non volevano essere visti in quello stato di vergogna. Vi rendete conto di quanto sia pregiudizievole il senso di colpa? Per primo ti allontana dalla luce, dopo ti porta nelle tenebre e ti fa vivere in penombra, nascosto dietro gli “alberi”. 

La penombra è un misto di luce e buio, non è completamente luce e non è completamente buio; non c’è chiarezza nella vita di una persona che porta il peso del senso di colpa. La persona che vive in questo stato da un lato preferisce fuggire e dall’altro inizia ad accusare l’altro. La migliore auto difesa è il meccanismo di proiezione: accusi l’altro perché nessuno si renda conto del tuo limite, del tuo problema, del tuo sbaglio; in senso biblico, del tuo peccato.

Per liberarsi del senso di colpa esiste solo una via d’uscita: il perdono.
E per ricevere il perdono l’unica via è il pentimento, riconoscere semplicemente di aver sbagliato. Dio è molto più pronto a perdonare di quanto non lo siamo noi a riconoscere i nostri errori. 

Quando si ha paura di affrontare la realtà e riconoscere il proprio errore si ricorre spesso a soluzioni ingannevoli quali il rifugio nell’alcol, vizio, cibo, distrazioni di vario genere, il troppo lavoro, l'indifferenza, l'isolamento, pur di evitare di riconoscere lo sbaglio e rimediare. Purtroppo però le suddette soluzioni sono soltanto una via di fuga momentanea che sfociano nell’insoddisfazione e nella disperazione. 

Nella Bibbia troviamo la storia di Giuseppe e i suoi fratelli. Giuseppe venne venduto da loro come schiavo agli egiziani per invidia (Genesi 37). Dopo essersene liberati per nascondere la grave infamia presero la veste della quale lo avevano spogliato e ucciso un capro la immersero nel suo sangue. Fecero così intendere al padre che era stato sbranato da una bestia.

Per tutta la vita vissero nel senso di colpa, per non ammettere lo sbaglio commesso e dire la verità si nascosero dietro le loro bugie, le quali aggravarono il loro peso. Ogni volta poi che le cose andavano male nella loro quotidianità, il senso di colpa saltava fuori perché pensavano che quella era la conseguenza del loro peccato.

Il peccato è così. Possono passare gli anni ma quando rimane inconfessato, continua a bussare alla tua porta facendoti sentire in colpa per quello che hai fatto e facendoti pensare che è Dio che ti sta castigando e che non meriti di essere felice.
Fortunatamente i fratelli di Giuseppe si incontrarono con lui molti anni dopo quando a causa di una grave carestia furono costretti a recarsi in Egitto per fare provviste di viveri, dove Giuseppe era diventato nel frattempo il governatore del paese (per la storia completa leggete Genesi dal capitolo 42-45).

Quando Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli loro reagirono con sgomento, furono grandemente turbati, impauriti. 

“Quindi Giuseppe disse ai suoi fratelli: io sono Giuseppe, mio padre è ancora in vita? Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere perché erano sgomenti alla sua presenza”. (Genesi 45:3)

Gli sbagli commessi ci portano ad avere paura delle conseguenze ma quando confessiamo i nostri torti e li riconosciamo, il perdono ci libera dal senso di colpa e ci ridona la pace. Giuseppe aveva perdonato i suoi fratelli e questo li liberò dal senso di colpa. Dio è sempre pronto a perdonarci ed accoglierci se solo ci fidiamo di riconoscere davanti a Lui le nostre debolezze, i nostri fallimenti, i nostri sbagli e gli chiediamo di aiutarci a rimediare, di rialzarci e ricominciare da quel preciso istante. 

“Molti sono i dolori dell’empio, ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità”. (Salmo 32:10)

Quali sono i dolori dell’empio? Sono i pesi che si porta addosso. Ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità. Dio vuole perdonarci e ridarci la pace. Non c’è sbaglio così grande al quale Lui non possa rimediare per il nostro bene. A noi spetta andare a Lui con fiducia, riconoscere senza cercare giustificazioni che abbiamo sbagliato e chiedergli di mettere in noi il desiderio di relazionarci con Lui quotidianamente per essere trasformati a sua immagine e non ricommettere quell’errore, anzi abbandonarlo.
Dio è desideroso di ricostruire i nostri sogni, i nostri progetti, Egli vuole donarci la serenità e la gioia. 

“Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
 Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere”. (Salmo 102:9-14)

Il senso di colpa è utile solo in un primo momento, quando ci aiuta a riconoscere che abbiamo sbagliato e che quell’errore ovviamente fa del male a noi stessi, a Dio e agli altri che lo hanno subito. Da quel momento le azioni da compiere sono: riconoscere umilmente l’errore, chiedere perdono, impegnarsi a rimediare e chiedere a Dio di cambiare la nostra natura affinché abbandoniamo quell’atteggiamento, quel pensiero, quel modo di agire e reagire che abbiamo riconosciuto come sbagliati.

Ci sono invece tre modi sbagliati di affrontare il senso di colpa:
  • ·         Reprimerlo. Quindi non ammettere l’errore. Questo toglierà in noi la pace fino a farci stare male anche fisicamente.
  • ·         Dire semplicemente “mi dispiace”, “scusami”, “perdonami”. Questo non significa riconoscere la serietà dello sbaglio commesso e pentirsi veramente. Ci pentiamo veramente quando come detto sopra rimediamo e cambiamo atteggiamento.
  • ·         Si possono avere dei rimorsi ma questo non significa pentirsi. Il rimorso è pericoloso perché se alimentato può portare a gravi conseguenze, anche al suicidio. Il pentimento vero invece ti porta a riconoscere e ripartire con la pace nel cuore.
Quando confessiamo uno sbaglio per Dio è già perdonato. Quello di cui abbiamo bisogno è semplicemente mantenere una relazione quotidiana con il Padre. Più sarà profonda la nostra relazione con Dio, migliori saranno le nostre relazioni interpersonali con i familiari, il coniuge, gli amici, e persino i nemici.

Essere un cristiano è svegliarti ogni giorno e ritagliarti del tempo per relazionarti con Cristo, imparare da Lui, portare a Lui i tuoi pesi, le tue paure, i tuoi vuoti, i tuoi sensi di colpa, i tuoi limiti, i tuoi affanni, la tua malattia (fisica), le tue infermità (emotive) e trovare in Lui riposo, cibarti della sua parola e vedere il frutto manifesto nella tua vita e nelle tue relazioni interpersonali. 

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero”. (Matteo 11:28-30).

20. BEATI SIETE VOI QUANDO VI INSULTANO E VI PERSEGUITANO PERCHE' CREDENDO FATE LA VOLONTA' DI DIO

Cari lettori, siamo giunti al commento dell'ultima beatitudine che possiamo leggere nel Vangelo di Matteo 5:10-12: "Beati i persegu...